La Regione guidata da Roberto Formigoni è stata pioniera dell’ingresso dei privati nella gestione della sanità pubblica. Ora, per far fronte alla carenze di medici formatisi presso le università lombarde, l’idea della giunta regionale è proprio quella di proporre ai privati di “sponsorizzare” il percorso di studi dei medici lombardi del futuro.
La proposta, risponde al duplice obiettivo di uscire dalla morsa del numero chiuso, che nei prossimi anni sfornerà nelle sei facoltà della regione meno camici bianchi di quanti ce ne sarà bisogno, e al tempo stesso evitare di caricare sul settore pubblico i costi della formazione di un numero di medici superiore a quello attuale.
Del progetto hanno discusso in un recente summit i presidi delle facoltà di Medicina della regione assieme a Luciano Bresciani, assessore regionale della Sanità. Quest’ultimo ha tenuto a sottolineare che il progetto è ancora nella fase della messa a punto e necessita di un confronto tra il presidente della Regione Formigoni e i ministri competenti, Salute, Istruzione ed Economia.
Il numero di nuovi immatricolati a Medicina, non a caso la facoltà facoltà con il più elevato tasso di occupazione, viene programmato annualmente tramite accordo con il ministero della Salute e dell’Istruzione e in Lombardia – spiega Virgilio Ferraro, preside alla Statale di Milano e coordinatore della rete delle facoltà lombarde – la situazione è drammatica e c’è “un’emergenza che almeno a breve termine produrrà una carenza inevitabile”.
Quella dell’università “mista”, in cui i privati integrerebbero i fondi che mancano al pubblico per formare più medici, sarebbe una risposta utile a ad arrivare meno impreparati al 2015, quando in Lombardia ci saranno 7.600 medici in meno rispetto al 2010. L’intervento del quale hanno discusso i presidi e l’assessore regionale non eviterebbe la necessità di “importare” medici tra quattro anni, ma consentirebbe di cominciare a invertire la rotta. E i privati finanziatori potrebbero contare sulla defiscalizzazione delle somme concesse, “perché il risultato è un professionista utile alla comunità”.