Per la prima volta si è donato il senso del tatto a un arto artificiale. A riuscirci un team di medici e bioingegneri di quattro strutture italiane, che hanno avuto anche la collaborazione del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza. Così è nata LifeHand2, una mano bionica, versione più evoluta di altri esperimenti passati, che oggi fa sperare in nuove frontiere tutte da esplorare: “Ci siamo presentati un po’ come i ricercatori della prima missione sulla Luna: dopo anni di lavoro spingi il bottone, fai partire l’astronave e – dichiara Paolo Maria Rossini, uno degli scienziati che hanno lavorato allo studio – da lì non puoi più tornare indietro”.
Alla realizzazione di LifaHand2 hanno contribuito l’Università Cattolica-Policlinico Agostino Gemelli, il Campus Bio-Medico e l’Irccs San Raffaele, tutte con sede a Roma, e la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Fanno parte del gruppo di ricerca anche l’Ecole Polytechnique Federale di Losanna e l’Istituto Imtek dell’Università di Friburgo. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Science Translational Medicine e hanno soddisfatto moltissimo i ricercatori che vi hanno lavorato, tanto che già si pensa ai prossimi sviluppi.
Dopo aver superato una serie di test psicologici di selezione, la mano bionica con il senso del tatto è stata sperimentata per otto giorni da Dennis Aabo Sorensen, un danese che dieci anni fa, a Capodanno del 2004, subì l’amputazione della mano sinistra a causa dello scoppio di un petardo. All’uomo sono stati applicati nei nervi mediano e ulnare del braccio – attraverso un delicatissimo intervento eseguito a Gennaio dell’anno scorso – quattro elettrodi intraneurali, grandi poco più di un capello e sviluppati a Friburgo. Dopo una serie di esercizi per riconoscere gli impulsi elettrici, nel Febbraio successivo, si è passati alla sperimentazione con una protesi biomeccatronica che, attraverso gli elettrodi e grazie anche allo sviluppo di una serie di algoritmi, avrebbe dovuto collegarsi al sistema nervoso centrale.
Così facendo, il paziente danese è arrivato a riconoscere la consistenza di oggetti duri, intermedi e morbidi in oltre il 78 per cento delle prese, inoltre ha definito in modo corretto forme e dimensioni di varie cose, localizzando la loro posizione rispetto alla mano bionica con un’accuratezza pari al 97 per cento. Dopo i 30 giorni per i quali era stato autorizzato l’impianto, però, gli elettrodi sono stati rimossi. Per Dennis Aabo Sorensen è stata, comunque, “un’esperienza stupenda”.
Adesso, nei prossimi due anni, i ricercatori vorrebbero lavorare per rendere LifeHand2 permanente e aumentare i sensori tattili integrati nella protesi. Ma la stimolazione intraneurale che è alla base della mano bionica potrebbe essere impiegata anche per altro. Per curare, ad esempio, i deficit di movimento di persone paraplegiche.