La legge di stabilità è l’ennesimo colpo inferto al sistema della ricerca italiana. Ne è convinto il ricercatore Cosimo Lacava, che ha indirizzato una lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per denunciare tutte le misure che potrebbero mettere ancora più in difficoltà un settore già vicino al tracollo. La denuncia dello scienziato trentaduenne, costretto ad emigrare all’estero, sottolinea come cancellare l’equa distribuzione delle risorse disponibili tra le progressioni di carriera dei docenti e le immissioni in ruolo dei ricercatori di tipo B penalizzi il futuro dei giovani e dell’università.
Nella sua lettera aperta, pubblicata sul sito di Repubblica.it, Lacava chiede al Presidente Napolitano di intervenire per scongiurare le modifiche che si vorrebbero introdurre con il comma 29 dell’art. 28 della legge di stabilità e che rappresenterebbero un segnale molto negativo per i giovani ricercatori e minerebbero il ruolo dell’accademia come motore dello sviluppo e dell’innovazione del Paese.
Il principio dell’equa ripartizione delle risorse tra le immissioni in ruolo come associati dei ricercatori di tipo B, coloro che dopo un contratto triennale hanno ottenuto l’abilitazione scientifica nazionale, e il passaggio a professori ordinari di coloro che associati lo sono già era stato introdotto con l’art. 4 del decreto legislativo 49/12, per garantire uno svecchiamento del sistema.
Adesso, invece, denuncia il giovane ricercatore nella sua lettera aperta al Presidente della Repubblica, si vuole invertire la rotta e abolire quel principio compiendo quella che Lacava giudica “una scelta miope e insensata perché non guarderebbe al futuro, ma solo al presente, peggiorando un quadro già compromesso, con il rischio di ridurre il capitale umano futuro della Ricerca Italiana; quel capitale umano che dovrà innovare e confrontarsi con le altre realtà accademiche europee e mondiali”.
Il risultato della misura contenuta nella legge di stabilità, accusa Lacava, “darebbe l’avallo a quella politica universitaria incline a premiare chi sia già immesso stabilmente in ruolo”, a scapito di tanti giovani come lui, che sarebbero ancora costretti ad abbandonare il nostro Paese e cercare all’estero quelle possibilità che in Italia sono negate, vanificando anche l’investimento – spesso ingente – che lo Stato ha fatto per la loro formazione.