Gli iscritti alle lauree online dell’anno accademico 2010/2011 sono il 41 per cento in più rispetto a quelli del 2009/2010. Un vero e proprio boom di iscrizioni, attestato dai numerosi accordi sottoscritti dagli atenei telematici con aziende private e istituzioni. Nonostante gli ottimi risultati, però, questo particolare metodo formativo sembra mostrare ancora dei punti deboli.
Lo scorso anno accademico si è passati, con la precisione, dai 29 mila ai 42 mila iscritti. Un boom dovuto soprattutto al fatto che “il sistema degli atenei online – spiega Luigi Biggeri, ultimo presidente del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario – permette la formazione universitaria anche a chi non può o non vuole frequentare”. Alle lauree telematiche, infatti, mira nella maggior parte dei casi chi è ormai avanti negli anni o chi non ha la possibilità di frequentare un corso tradizionale a causa del lavoro.
A parte questi lati positivi, il sistema delle lauree online sembra “abbandonato senza controlli – aggiunge Biggeri – sulla qualità dei servizi erogati, anche se in alcuni casi la qualità è buona”. Già nel 2010 il Cnvsu ha evidenziato alcuni suoi punti deboli, tra cui l’impossibilità di valutare concretamente il livello dei suoi servizi, la scarsità dei docenti e la carenza di risorse economiche, oltre che di attività di ricerca. Zone d’ombra ancora persistenti.
I professori di ruolo sono oggi 205, mentre due anni fa erano solo 42. Il più delle volte i docenti degli atenei telematici sembrano interessati solo a ottenere l’abilitazione, per poi operare altrove. In altri casi, l’impegno a reclutarli non va in porto: “Il motivo – dice il Cnvsu – andrebbe ricercato nella volontà degli idonei di non essere disponibili a prendere servizio”. Tra gli altri punti deboli, si ricordi pure la possibilità di vedersi riconosciuti crediti praticamente per tutto, finendo per ridurre queste lauree a titoli accademici “facili”.
Dinanzi a questo boom di iscrizioni, più che mai oggi si avverte l’esigenza di garantire maggiori controlli e un più alto livello di qualità, per quanto riguarda gli insegnamenti che avvengono per via telematica. A tal proposito, Luigi Biggeri propone di avvicinare “queste realtà alle università statali per fare davvero ricerca”, di istituire “due o tre poli nazionali” e di vigilare attentamente “non solo in avvio ma anche su corsi ed esami”.
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