La fuga dei laureati che abbandonano l’Italia per vivere e lavorare in un altro Paese non sembra arrestarsi.
E non si tratta di “mobilità internazionale” per arricchire il curriculum, ma di un vero e proprio espatrio generale che sta allontanando definitivamente dall’Italia i nostri migliori laureati.
La recente ricerca dell consorzio interuniversitario Almalaurea e della fondazione Migrantes sulla “fuga dei cervelli” rivela infatti che oltre la metà di laureati italiani occupati all’estero ritiene molto improbabile, se non quasi impossibile, il rientro in patria.
Le motivazioni? All’estero esistono opportunità di carriera e crescita professionale difficilmente immaginabili in Italia, in aziende competitive e dinamiche che assicurano riconoscimenti e stipendi nettamente superiori.
Così, mentre in Italia soltanto il 15% dei giovani a 5 anni dalla laurea trova un lavoro stabile e coerente col proprio percorso di studi, all’estero i laureati più brillanti rivestono maggiormente posizioni di funzionario, direttivo e quadro (18% contro l’8% dell’Italia) e ricercatore (10% contro l’1% dell’Italia).
Nell’ultimo decennio, la quantità di “cervelli in fuga” che hanno trovato lavoro al di fuori dei confini nazionali è triplicato. Su un milione mezzo di giovani italiani residenti all’estero, la maggior parte ha scelto l’Europa; gli altri hanno optato per gli Stati Uniti o il Giappone.