Sono andati alle urne nonostante tutto gli studenti Erasmus, dall’estero in modo simbolico. La protesta scoppiata sulla rete per reclamare un diritto di voto del quale si sentivano scippati è caduta nel vuoto, ma i 25mila giovani che si trovano temporaneamente in Paesi stranieri per motivi di studio non si sono lasciati scoraggiare e su Twitter hanno lanciato la campagna #iovotolostesso, organizzando elezioni alternative.
Fra ieri e oggi per gli studenti Erasmus è stato possibile esprimere il proprio voto, anche se solo simbolicamente, in uno dei seggi allestiti in circa trenta città europee ed extraeuropee. La campagna #iovotolostesso ha interessato città come Berlino, Parigi, Amsterdam, Madrid, Monaco di Baviera, Lisbona, Varsavia, ma anche Casablanca (in Marocco) ed è arrivata perfino in Brasile. Con questo ulteriore atto di protesta i giovani sperano che presto si trovi una soluzione affinché non debba ripetersi che chi non può permettersi di pagare il biglietto aereo per il rientro in Italia sia di fatto escluso dal voto.
Il voto espresso dagli studenti Erasmus che hanno aderito alla campagna #iovotolostesso non ha alcun valore legale, ma i risultati saranno comunque pubblicati su Internet. Le schede fac-simile che sono state usate saranno infatti regolarmente scrutinate.
La protesta degli studenti che chiedevano di poter votare dall’estero è andata avanti per settimane – viaggiando su social nertwork e blog – e a un certo punto sembrava perfino che si fosse aperto qualche spiraglio, ma alla fine tutto si è concluso con un nulla di fatto. Ecco allora che è nata l’idea di fare, provocatoriamente, elezioni simboliche. L’hashtag #iovotolostesso è stato rilanciato migliaia di volte su Twitter dagli studenti Erasmus, che nel frattempo si organizzavano per rispondere comunque, a modo loro, alla chiamata alle urne.
L’intera vicenda è stata caratterizzata da polemiche, che si sono fatte più aspre quando si è saputo che lo Stato avrebbe pagato il rientro in Italia ai due marò sotto processo in India, con molti giovani che si sono chiesti se i soldi spesi per consentire ai militari di recarsi alle urne sarebbero potuti bastare per far rientrare a votare gli studenti Erasmus e altri che hanno messo in luce la disparità di trattamento ricevuta. Così, mentre i marò hanno potuto esercitare il loro diritto, agli studenti non è rimasto altro che esprimere la propria preferenza su un foglio di carta straccia.