A chi non piacerebbe un mantello dell’invisibilità per sfuggire all’occhio di persone indesiderate, proprio come quello utilizzato da Harry Potter? Secondo uno studio condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Bristol, nel Regno Unito, la pelle di sardine e aringhe si comporterebbe alla stessa maniera, permettendo loro di diventare invisibili alla vista dei predatori e quindi di scampare al pericolo di essere mangiati. Tale scoperta potrebbe dare un grande contributo per il miglioramento di alcuni dispositivi ottici.
In base a questo studio, pubblicato sulla rivista Nature Photonics e condotto da un gruppo di ricerca coordinato da Nicholas Roberts dell’Università di Bristol, la pelle argentata di aringhe e sardine sarebbe in grado di riflettere la luce con grande efficienza, indipendentemente dalla lunghezza d’onda. Ciò grazie a una struttura particolare del tegumento, costituito da una sorta di miscela di due tipi di cristalli con proprietà ottiche diverse: in questa maniera la luce non viene polarizzata e quindi nemmeno assorbita, con il risultato di un’elevata riflettività e “invisibilità”.
Secondo gli studiosi, questa incapacità di assorbire la luce propria della pelle di sardine e aringhe sarebbe molto importante per difendersi dai predatori del mondo acquatico, dove molti pesci hanno una vista in grado di individuare le differenze di polarizzazione. D’altra parte, in natura niente avviene per caso: “Crediamo che questi pesci – spiega Nicholas Roberts – abbiano sviluppato questa particolare struttura per nascondersi dai predatori, come delfini e tonni”.
Questo studio sull’invisibilità delle sardine potrebbe avere importanti ricadute non solo sulla ricerca di materiali capaci di nascondere gli oggetti alla vista di chi li osserva, ma soprattutto sul controllo della luce in dispositivi come i led e le guide d’onda ottiche. “Questi riflettori artificiali – fa presente Tom Jordan dell’Università di Bristol – richiedono l’uso di materiali con particolari proprietà ottiche difficili da ottenere. Il meccanismo che si è evoluto nei pesci supera questa limitazione e fornisce un nuovo modo di produrre questi riflettori non polarizzanti”.
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