“Le misure della Buona Università devono essere concertate con gli studenti”. A lanciare questo messaggio al governo Renzi è Domitilla Santori, rappresentante degli studenti dell’Università Politecnica delle Marche. Sentita nell’ambito della nostra inchiesta sul futuro dell’università, la Santori – presidente del Consiglio studentesco dell’ateneo anconetano e membro dell’Unione degli universitari (UDU) – ha evidenziato la necessità di non far cadere l’ennesima riforma dall’alto.
A giudizio della rappresentante degli studenti dell’Università Politecnica delle Marche, il sistema accademico in Italia è in forte sofferenza soprattutto a causa dei tagli al diritto allo studio, acuiti dalla diminuzione dei fondi destinati alle regioni e agli enti locali, e di quelli operati negli scorsi anni al Fondo di finanziamento ordinario (FFO). Questa carenza di risorse ha come conseguenza “l’assenza di un vero e proprio welfare studentesco, che preveda – oltre alle borse di studio – anche agevolazioni per i trasporti o per la cultura”.
“I tagli al diritto allo studio”, ci spiega Domitilla Santori, “aumentano il numero degli idonei non beneficiari e fanno sì che molti servizi non siano coperti”. Come le case dello studente, che secondo la rappresentante degli studenti dell’Università Politecnica delle Marche “sono poche e fatiscenti”. Mentre la riduzione dell’FFO ha portato al taglio di servizi e al blocco del turnover, che mette a repentaglio la sopravvivenza dei corsi di laurea. E, prosegue la Santori, “il meccanismo della premialità, così com’è stato pensato, non fa che aumentare la concorrenza tra gli atenei per accaparrarsi più studenti”. Il tutto, però, “a prescindere dalla didattica”.
La soluzione a tutti questi problemi, secondo la rappresentante degli studenti dell’Università Politecnica delle Marche passa innanzi tutto attraverso una ridefinizione della figura dello studente. “Al momento – dice Domitilla Santori – lo studente, specie se fuoricorso, è visto come un peso: deve laurearsi il più in fretta possibile”, mentre occorrerebbe puntare di più sulla didattica, che dovrebbe essere “il vero focus di un sistema che dovrebbe formare cittadini, non solo lavoratori”.
A proposito del numero chiuso, il giudizio della Santori è impietoso: “Non ha funzionato. Lo studente deve essere libero di scegliere, anche perché il test non seleziona i più motivati, ma solo i più fortunati”. Per superare questo scoglio, il modello francese non è il rimedio ideale, perché “mantiene comunque lo sbarramento, spostando solo il problema nel tempo”. Quello che davvero occorre, conclude la rappresentante degli studenti dell’Università Politecnica delle Marche, è invece “una precisa volontà politica degli atenei di accettare più studenti, anche perché con le riammissioni di massa seguite ai ricorsi il sistema non è ancora collassato”. Ma non basta, ovviamente, “servono anche più fondi”.