Urge un intervento sul diritto allo studio, perché è inconcepibile che esistano “studenti più ‘fortunati’ di altri nelle possibilità di proseguire gli studi”. L’inchiesta sul futuro dell’università di Universita.it prosegue con un’intervista a Leonardo Peruzzi, presidente della Conferenza degli studenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che ancora una volta segnala le carenze del sistema di sostegno ai giovani meno abbienti, puntando il dito sulla carenza di risorse e su un’ormai famigerata figura: quella dell’idoneo non vincitore.
Interpellato a proposito dei tre principali problemi dell’università italiana, il rappresentante degli studenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia spiega che, in molte realtà, compresa quella del suo ateneo, esiste un problema di “organizzazione del sistema della formazione medica, specialistica e di base”, dovuto alle vicende dei test falsati e delle riammissioni, che hanno creato ulteriori contraddizioni in un sistema già di per sé precario.
Secondo Leonardo Peruzzi, quella del diritto allo studio è poi un’altra delle questioni nodali, soprattutto perché – essendo materia di competenza regionale – esistono sperequazioni importanti tra le varie aree della penisola. “In Emilia Romagna viviamo una realtà rosea rispetto a quella di altre regioni,” spiega il rappresentante degli studenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia, “ma non posso che essere solidale coi colleghi degli altri atenei in difficoltà e dei tanti ragazzi idonei alla borsa di studio che, purtroppo, non possono usufruirne”. Non si può concepire l’esistenza di studenti più e meno fortunati, “dovremmo essere tutti ugualmente fortunati”, sottolinea Peruzzi.
Un’altra nota dolente è quella dell’orientamento: “Lo scollamento che c’è fra mercato del lavoro e mondo del sapere è sconcertante. Come può un ragazzo di 18 o 19 anni riuscire a capire cosa fare della sua vita senza capire cosa ha il mondo del lavoro ha da offrirgli?”. La soluzione? Secondo il rappresentante degli studenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia è lo sviluppo di un dialogo più costruttivo tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro, “per il bene dei territori in cui i ragazzi vivono”.
Quanto agli interventi più urgenti sui quali puntare, Leonardo Peruzzi non ha dubbi. Bisognerebbe “cominciare a pensare ad una razionalizzazione del sistema universitario, potenziando esponenzialmente il diritto allo studio e gli investimenti nelle strutture”. Un progetto ambizioso, non c’è dubbio, ma Peruzzi è convinto che sia necessario essere ambiziosi. A patto, però, che il progetto sia fatto con tutti i crismi: “Immaginate il disastro di una rivoluzione del sistema universitario messa insieme a pezze, colla e mattoncini lego!”, ammonisce il rappresentante.
Rispetto alla questione del numero chiuso, invece, Leonardo Peruzzi la pensa diversamente dal ministro Giannini e da Diana Armento, con la quale avevamo aperto il nostro ciclo di interviste, sostenitrici del modello francese. “Io credo nel buonsenso. Il numero programmato può essere uno strumento utile se usato con raziocinio”, ci spiega il rappresentante degli studenti dell’Università di Modena e Reggio Emilia, “in sé non è malvagio”, ma non si può pensare che possa essere la pezza che risolve “problemi evidenti su cui non si può (o non si vuole) mettere mano”, come quelli riguardanti le strutture universitarie o il materiale didattico.