La “Buona Università” che ha in mente il governo Renzi non dà la giusta centralità al principale problema del sistema accademico italiano. A raccontarcelo è Maria Giovanna Sandri, rappresentante dell’Unione degli universitari di Verona nonché presidente del Consiglio degli studenti dell’Università di Verona e membro del consiglio di amministrazione dell’ateneo, che ha risposto alle nostre domande nell’ambito dell’inchiesta sul futuro dell’università italiana.
Maria Giovanna Sandri è stata alla presentazione del progetto di riforma svoltasi a Padova e si dice delusa da quanto ha sentito. Secondo la presidente del Consiglio degli studenti dell’Università di Verona, infatti, il problema principale degli atenei nostrani è la mancanza di fondi, aspetto sul quale si concentrano solo un paio di punti sui trenta che in tutto compongono “La Buona Università”. Secondo la Sandri, la priorità del governo non è dunque quella di intervenire per accrescere gli investimenti sul diritto allo studio.
Anzi, ci spiega, il governo ha adottato dei provvedimenti che aumentano le difficoltà degli studenti meno abbienti. Un altro grave problema è, infatti, l’aver posto i fondi regionali per le borse di studio sotto il patto di stabilità, cosa che implica il blocco degli stessi e che “porterà all’aumento degli idonei non beneficiari”. Ma non solo: il governo Renzi ha anche inserito le borse tra i redditi al fine del calcolo del nuovo ISEE. Questo, sottolinea Maria Giovanna Sandri, comporterà una penalizzazione per i borsisti, che l’anno successivo a quello dell’ottenimento del beneficio potrebbero vedersi aumentare la fascia di contribuzione proprio a causa delle somme ricevute come borsa di studio. Un vero paradosso.
L’intervento più urgente da adottare sarebbe, quindi, lo “sganciamento delle somme destinate al diritto allo studio dal patto di stabilità”, per porre un freno all’aumento degli idonei non beneficiari. Basterebbe immettere più risorse nel sistema per risolvere i problemi principali dello stesso, ci dice la presidente del Consiglio degli studenti dell’Università di Verona.
Anche la questione del numero chiuso, del resto, è legata alla mancanza di risorse. Secondo Maria Giovanna Sandri è difficile dire come si risolverà la vicenda, dopo il balletto di annunci e dietrofront partito a seguito delle dichiarazioni del ministro Giannini a proposito del superamento dei test per passare al modello francese. Tuttavia, la presidente del Consiglio degli studenti dell’Università di Verona sostiene con forza la necessità di aprire l’istruzione terziaria, in accordo con quanto stabilito dalla Costituzione. Certo, la Sandri non ignora i problemi che ciò comporterebbe, ma suggerisce due passi che potrebbero aiutare a realizzare il pensionamento del numero programmato. Il primo sarebbe investire di più per migliorare le strutture, in modo che possano accogliere più studenti. Il secondo, invece, migliorare l’orientamento per evitare che troppi giovani si indirizzino verso corsi di laurea come Medicina, che si ritiene possano dare più prospettive lavorative e guadagni più elevati, quando la realtà è ormai ben diversa dal luogo comune. Insomma, scremare già alle superiori gli aspiranti per evitare sovraffollamenti.