intervista blog pronostica ricercatore
È un
giovane ricercatore e si chiama
Andrea, ma il cognome preferisce mantenerlo nell’anonimato. Di lui hanno parlato quotidiani e radio. Il motivo? Ha inventato il blog “
Pronostica il ricercatore“, un sistema online dove per ogni concorso universitario è possibile scommettere il nome del vincitore. In poco tempo il blog è diventato un tormentone per gli utenti che, sotto pseudonimo, hanno iniziato a scommettere sull’esito dei concorsi universitari. La pagina web di Andrea è diventata presto un
blog di totoconcorsi, come è stato definito, e nel corso di qualche mese ci sono stati
pronostici provenienti dalla maggior parte degli atenei dello stivale. Dei primi concorsi di cui sono usciti i risultati, la maggior parte dei pronostici è risultata confermata.
Matematico, poco oltre i 30 anni, già dottorando e docente a contratto in diverse università italiane, al momento Andrea ha un contratto postdoc in una università nordeuropea. Lo abbiamo intervistato.
Perché questo blog, da quale urgenza nasce, ha a che fare con la tua vicenda personale?
Nei concorsi a cui ho partecipato, ho quasi sempre indovinato, prima dello svolgimento, il vincitore. Molti dei miei colleghi hanno la stessa impressione. Mi è quindi sorta la curiosità di vedere se ciò è vero per tutte le discipline. Non mi aspettavo un tale successo del blog…
In parole semplici, che significa fare un pronostico, come si fa?
È semplicissimo: sul blog c’è un breve
modulo in cui indicare gli estremi del concorso, il nome del vincitore, e opzionalmente il proprio pseudonimo. Dopo lo svolgimento del concorso in questione, pubblico il numero dei pronostici corretti ed errati e, se presenti, gli pseudonimi di coloro che hanno indovinato.
Quanti pronostici hai ricevuto finora?
625. Di questi, circa 579 sono ammissibili, cioè si riferiscono a concorsi per ricercatore universitario o negli enti di ricerca. Gli altri sono riferiti a professori, concorsi di cui però non mi occupo, oppure sono concorsi duplicati o incompleti.
E perché non ti occupi dei concorsi da professore?
Per due motivi: il primo è la mancanza di tempo, il blog mi tiene già abbastanza impegnato, il secondo è il fatto che il reclutamento dei ricercatori è a mio avviso più importante, in quanto decide chi è dentro e chi è fuori dal sistema universitario e della ricerca.
Hai notato una prevalenza di pronostici da parte di alcuni atenei o dipartimenti rispetto ad altri?
No, ho ricevuto pronostici per quasi tutte le università e tutte le aree.
Giugno è stato il mese dei primi risultati, sul tuo blog si leggono quelli della prima sessione del 2008, quanti di questi sono stati indovinati da almeno un utente?
Al momento 17, su 20 concorsi per cui ho ricevuto almeno un pronostico.
Quanto è significativo questo dato? Intendo, da questi dati emerge sicuramente un’anomalia, ma nemmeno bastano per dimostrare che il concorso era truccato..
I dati sono ancora pochi, ma già emerge che è facile prevedere il vincitore, e molto spesso è un candidato “interno” che ha già svolto il dottorato presso la medesima università. A volte è un ottimo candidato, a volte no. Anche quando è il migliore tuttavia rimane la domanda: è stato scelto per le sue qualità di ricercatore o per la sua vicinanza al presidente della commissione?
Che risonanza sta avendo la tua iniziativa in ambito accademico?
Ho ricevuto appoggio e complimenti da molti precari, e anche da qualche strutturato. Le critiche non sono molte e sono quasi tutte civili e costruttive. Nessun esponente accademico ha commentato pubblicamente.
Sul blog hai promesso di donare un euro per ogni pronostico azzeccato, per un massimo di 200 euro ad enti che promuovono ricerca o istruzione, la donazione è stata fatta? A chi?
La donazione andrà a
Room to Read una ong che si occupa di educazione dei bambini nei paesi del terzo mondo. Intendo donare appena raggiungo la cifra di 50€, e comunque prima della fine di luglio.
Perché secondo te in Italia i concorsi non sono meritocratici e fanno ancora leva sul meccanismo della raccomandazione?
Perché i docenti non hanno incentivi a reclutare i migliori. Manca quasi del tutto in Italia una valutazione della ricerca, e un sistema di premi/punizioni per chi recluta candidati buoni o scadenti. Il Ddl di riforma al momento prevede che il 3% del Fondo di finanziamento ordinario sia assegnato sulla base della qualità del reclutamento. È insufficiente.
Sul tuo blog parli della “chiamata diretta responsabile” come alternativa al concorso, cos’è?
Ogni Dipartimento decide autonomamente chi assumere, e con quale procedura: concorso, assunzione diretta, raccomandazione di colleghi, ecc. Ogni Dipartimento poi viene regolarmente valutato in base alla ricerca svolta dai suoi membri, in particolare dai neoassunti, e riceve finanziamenti dallo Stato in proporzione. Se un Dipartimento assume ricercatori scadenti si trova senza fondi e non può né assumere, né – e questo è molto importante – pagare gli scatti di anzianità ai suoi membri.
In questo modo, chi dovrebbe essere secondo te a valutare il lavoro del Dipartimento e attraverso quali strumenti? Voglio dire, ancorare il finanziamento alla valutazione è sicuramente una buona idea, ma dipende tutto dai criteri utilizzati…
In Italia per quanto riguarda la valutazione della ricerca, l’ente a ciò deputato è l’ANVUR, che è tuttora in corso di attivazione. Colpa del ministro, che ha annullato il regolamento emanato da Mussi per sostituirlo, due anni dopo, con un altro regolamento quasi identico.
Ma conosci un metodo di valutazione virtuoso, che non penalizza determinati ambiti della ricerca (definiti improduttivi se valutati nell’ottica delle applicazioni industriali)? Puoi riportare il caso di qualche Paese in cui avviene?
Un paese “virtuoso” è il Regno Unito, con il suo
RAE (Research Assessment Exercise). Nel Regno Unito, la valutazione e il finanziamento sono separati. Il RAE valuta separatamente ogni dipartimento di ogni università. Le agenzie di finanziamento usano i risultati per decidere la distribuzione dei fondi. La suddivisione dei fondi tra le varie discipline dipende dal numero di ricercatori e da considerazioni politiche sulle priorità di ricerca. All’interno di ogni disciplina, il finanziamento delle singole istituzioni dipende dalla valutazione. In questo modo i differenti settori non sono né favoriti né penalizzati dall’agenzia di valutazione. È interessante anche il sistema francese, che attribuisce premi individuali ai ricercatori e professori, sulla base della valutazione da parte di un’agenzia nazionale.
Intervista a cura di Claudia Bruno