Sono i più attrezzati ad affrontare le sfide del futuro nel mercato del lavoro, per questo trovano più facilmente un impiego e sono mediamente meglio retribuiti degli altri laureati. Gli ingegneri in Italia sono una delle categorie che meglio ha resistito alla crisi. A un anno dalla laurea i dati indicano che il 67,6 per cento di loro ha un’occupazione vera e propria (non un tirocinio o un praticantato, dunque), mentre a cinque anni dalla laurea il tasso di disoccupazione è appena del 3,8 per cento. Anche i loro guadagni sono superiori a quelli della maggior parte dei laureati in altre discipline: in media, dopo cinque anni dal conseguimento del titolo, 1.705 euro netti al mese.
Tutto rose e fiori, quindi? Non proprio. Se da un lato è vero che gli ingegneri hanno maggior successo nel mercato del lavoro, dall’altro occorre sottolineare che non è così per tutti. A far la differenza sono il titolo di studio conseguito e il settore di specializzazione. I laureati di primo livello, infatti, stentano a inserirsi in maniera soddisfacente, per cui la quasi totalità di loro – l’82,3 per cento – decide di proseguire gli studi e conseguire una laurea magistrale. Tuttavia, a pesare di più in termini di occupabilità è il settore di specializzazione scelto. Per gli ingegneri del ramo civile e ambientale, infatti, le cose non vanno così bene. Per loro il problema non è tanto il tasso di occupazione, visto che la maggior parte opera presso studi professionali, scegliendo spesso di svolgere la libera professione in prima persona, quanto il guadagno.
A diffondere quest’analisi è stato il Centro studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, che si è basato sui dati forniti dal consorzio interuniversitario AlmaLaurea. Secondo il documento, in questo momento i più richiesti sono i laureati magistrali in Ingegneria della sicurezza, gestionale, meccanica, elettrica, informatica e navale. Specie se hanno alle spalle un po’ di esperienza.
I maggiori ostacoli li incontrano, invece, i laureati della classe LM-44, Modellistica matematico fisica per l’Ingegneria, che non è riconosciuto come titolo valido per l’accesso all’esame di Stato per l’abilitazione professionale. Questo pesa sul tasso di occupazione dei laureati al punto che a cinque anni dalla laurea la percentuale di coloro che hanno un lavoro arriva solo al 53,3 per cento.
Per gli ingegneri non fa differenza essere uomo o donna. Il tasso di occupazione a cinque anni dalla laurea è quasi identico tra i laureati e le laureate (89,9 contro 83,2 per cento) e quello femminile supera di molto la media generale per le altre aree disciplinari (74,8 per cento).
Gli ingegneri hanno anche più probabilità di avere un contratto a tempo indeterminato: a cinque anni dal conseguimento del titolo lavora stabilmente il 71,2 per cento dei laureati. Resta, però, il problema della fuga dei cervelli: a un anno dalla laurea circa un giovane ingegnere su venti decide di fare le valigie attratto probabilmente più che dalle opportunità di lavoro, da quelle di guadagno. In Italia, infatti, gli ingegneri hanno retribuzioni mediamente molto più basse che nel resto d’Europa (dove a cinque anni dalla laurea la media supera quota 2.500 euro).
Quanto al settore nel quale gli ingegneri lavorano, oltre la metà – il 54,2 per cento – lo fa in quello industriale, con il comparto metalmeccanico e meccanico di precisione a far la parte del leone (21,3 per cento). Circa il 10 per cento lavora, invece, nel settore informatico e dell’elaborazione dati e un altro 10 per cento presso uno studio professionale. Solo il 6,7 per cento, infine, è occupato nella Pubblica amministrazione.