I medici bocciano lo stile di vita degli universitari italiani. Secondo un’indagine condotta dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, i ragazzi che frequentano i nostri atenei hanno delle abitudini quotidiane molto discutibili, specialmente i maschi.
La frutta e la verdura, ad esempio, non sono tra gli alimenti più amati dai nostri giovani: solo il 4o per cento di loro consuma le porzioni di frutta indicate nelle raccomandazioni nazionali e solo il 20 per cento quelle di verdura. E lo stile di vita degli universitari italiani spesso non prevede nemmeno un’adeguata attività fisica: ben 3 su 10 tra coloro i quali sono stati intervistati per l’indagine hanno dichiarato di condurre una vita sedentaria.
Per non parlare, poi, di alcol e fumo, che fanno parte delle abitudini di una fetta consistente dei ragazzi. Le sigarette sono un vizio condiviso dal 30 per cento degli universitari, mentre un consumo almeno settimanale di vino e birra rientra negli standard di vita del 40 per cento degli studenti.
Insomma, sarà la giovane età, ma ai nostri universitari sembra non importare granché della salute. Nemmeno di quella riproduttiva, visto che 3 studentesse su 10 dicono di non essersi mai sottoposte a controlli ginecologici. Tra le ragazze, inoltre, c’è quasi un 20 per cento in condizioni di sottopeso/anoressia, mentre tra i maschi il 18,5 per cento è in sovrappeso o obeso.
Lo stile di vita degli universitari nostrani prevede raramente la colazione (1 su 3 la salta regolarmente) e sono davvero in pochi (l’8,5 per cento) a fare i 5 pasti giornalieri raccomandati, mentre l’11,3 per cento per “tirarsi un po’ su” assume una quantità eccessiva di caffeina.
Come se non bastasse, per completare la poco confortante fotografia sullo stile di vita degli universitari occorre sottolineare che il 5 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver guidato in stato di ebrezza e il 3 per cento di averlo fatto sotto l’effetto di droghe. E il 2,5 per cento dei ragazzi che frequentano i nostri atenei ha detto di aver già contratto una malattia sessualmente trasmessa, soprattutto Chlamydia e Herpes genitale, mentre quasi il 22 per cento delle ragazze è già ricorsa almeno una volta alla pillola del giorno dopo.