In un futuro per niente remoto il mercato del lavoro in Europa avrà bisogno quasi esclusivamente di competenze molto specifiche e di alto profilo. E i lavori che richiedono scarsa expertise avranno i giorni contati. La previsione arriva dall’Indagine InTribe sulle Professioni del futuro 2017, realizzata dalla start up milanese specializzata in ricerche di mercato in collaborazione con Asseprim – Federazione nazionale dei servizi professionali. Per giungere a tale conclusione ci si è basati sull’analisi dei big data e il monitoraggio delle conversazioni sui social.
Ciò che emerso è il declino inesorabile e abbastanza rapido delle professioni che richiedono una scarsa specializzazione, non comportano mansioni particolarmente complesse e garantiscono stipendi medio-bassi. Secondo l’Indagine InTribe sulle Professioni del futuro 2017, infatti, questo tipo di lavori saranno sempre più svolti a distanza da individui residenti in altre parti del mondo, mentre già adesso a causa della globalizzazione prodotti e distretti industriali stanno migrando in paesi nei quali la manodopera è meno costosa. La rivoluzione che si sta preparando nel mercato del lavoro diventerà tangibile da qui ai prossimi cinque anni.
Certo, l’Indagine InTribe sulle Professioni del futuro 2017 sottolinea che i lavori di basso profilo non spariranno di botto, bensì gradualmente, tuttavia per le nuove generazioni diventa sempre più importante indirizzare i propri percorsi di studio verso le discipline cosiddette STEM, cioè Science, Technology, Engineering e Match. Questi ambiti oggi sono considerati quelli più promettenti e investire nella formazione in tali settori può essere cruciale anche per coloro che hanno già terminato gli studi, ma faticano a trovare un’occupazione soddisfacente e hanno intenzione di acquisire un’ulteriore qualificazione per arricchire il proprio curriculum.
L’Indagine InTribe sulle Professioni del futuro 2017 indica come strada per l’Italia per uscire dalla crisi occupazionale quella di puntare sulle professioni legate all’ambito ICT, comunicazione e servizi sanitari, agricoltura, economia verde e turismo. Ma non solo. L’indagine evidenzia quanto sia fondamentale investire sia nella formazione e nell’istruzione dei giovani, sia in quella continua. Questo perché il nostro Paese è rimasto indietro per quanto riguarda alcuni ambiti e spesso si riscontra un digital mismatch, ossia una mancata corrispondenza tra le competenze digitali che il mercato del lavoro ricerca e quelle di cui i coloro che sono in cerca di occupazione dispongono.
Le competenze digitali sono sempre più indispensabili in molteplici settori e l’Unione Europea ha stimato che vi sarà un aumento medio costante di 112mila nuovi posti di lavoro all’anno in ambito ICT da qui a l 2020. E, se il nostro Paese riuscisse a colmare il gap di competenze tra domanda e offerta entro la stessa data il numero di occupati potrebbe salire di 750mila unità. Per superare gli ostacoli, la via indicata dall’Indagine InTribe sulle Professioni del futuro 2017 è quella della formazione professionale continua online, che consente di raggiungere un numero amplissimo di persone in varie parti del mondo.