All’università Ottobre coincide con l’inizio dei corsi, ma in molti atenei anche quest’anno le lezioni sono riprese in condizioni a dir poco difficili: aule sovraffollate, studenti costretti a sedersi per terra a causa della carenza di posti e dubbi sulla sicurezza. Tanto che il settimanale L’Espresso ha deciso di pubblicare un’inchiesta sul problema e ha invitato gli studenti a denunciare tutte le situazioni di disagio che si verificano da Nord a Sud dello Stivale.
Il sovraffollamento delle aule, che costringe docenti e studenti a quelle che nell’inchiesta de L’Espresso sono definite senza eufemismi “lezioni-bestiame”, è un fenomeno trasversale: le carenze sul piano delle strutture interessano la maggior parte delle università pubbliche italiane, dalla Statale di Milano al Politecnico di Bari. Dagli studenti giungono testimonianze di una situazione disastrosa e inaccettabile: aule inadatte, carenza di posti e lezioni da seguire stipati in piedi o seduti per terra, in corridoio fuori dall’aula, in bilico tra termosifone e finestra.
Non fa eccezione la Statale di Milano, dove la prima lezione di Diritto civile è stata un vero disastro. “Eravamo forse 500, 600 persone, ammassate in un’aula che anche se è la più grande dell’università non è sufficiente ad ospitarci tutti” ha raccontato a L’Espresso uno studente del quinto anno. Ma non è stato sempre così: l’anno scorso, ad esempio, le cattedre di Diritto civile erano due, con conseguente spartizione degli studenti.
Ma non si tratta solo di scomodità, ovviamente. C’è in primis un grave problema di sicurezza: con aule così affollate, con studenti ovunque perché i posti non bastano, per uscire bisogna districarsi tra una selva di gambe, quaderni, zaini. In ogni caso, i guai non riguardano solo Milano. A L’Espresso è arrivata anche una segnalazione relativa al Politecnico di Bari: “a Luglio abbiamo sostenuto un esame in una stanza così diroccata e sporca – ha scritto al settimanale uno studente – che il professore stesso è entrato col detersivo per pulire i banchi. Non c’era l’aria condizionata e una ragazza si è pure sentita male durante l’appello”.
Quello delineato dall’inchiesta del settimanale è, secondo molti, un affresco realistico delle condizioni disastrose dell’università pubblica italiana. Del resto, i moniti e gli allarmi in questo senso non mancano già da qualche tempo. Le cause sono ancora una volta la diminuzione degli investimenti e i continui tagli, che costringono gli atenei a non poter offrire di meglio agli studenti, nonostante l’aumento costante delle tasse universitarie.