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I voti bassi spronano gli studenti a imparare?

da | Nov 2024 | Uncategorized | 0 commenti

Il voto: probabilmente non esiste, in fatto di scuola, tema più divisivo e controverso di questo. C’è chi si dichiara fautore sfegatato delle valutazioni espresse, sugli studenti, da professori ed educatori, e chi invece mette in guardia dalle implicazioni del voto, che indurrebbe i giovani alla disistima, soprattutto se negativo. A chi del resto non è mai capitato, ricevendo una valutazione sfavorevole, di mettere in discussione le proprie capacità intellettive? Allo stesso modo sarà successo a chiunque, almeno una volta, di veder gratificare i propri sforzi da un voto alto… L’effetto sarà stato così galvanizzante da creare dipendenza, spingendo ad essere performanti e competitivi all’inverosimile, così da ottenere risultati perfino migliori la volta successiva. Il tutto ai danni di un organismo che accumula stress.

Grosse insidie

In soldoni, i giudizi espressi sotto forma di voto potrebbero nascondere grosse insidie, tanto che perfino la scienza ha ritenuto di dover attivare per approfondire l’argomento. In realtà, la domanda di partenza che si sono posti gli studiosi è la seguente: gli studenti sono spronati a imparare se si pone per loro il rischio di ricevere un voto negativo? La risposta all’interrogativo è giunta da un esperimento: a un gruppo di bambini è stata data una biglia ogni volta che rispondevano esattamente a una domanda; a un altro gruppo è stato dato un barattolo pieno di biglie, da cui – ogni volta che sbagliavano – ne veniva tolta una. L’effetto è stato che i bambini imparavano più velocemente quando perdevano le biglie invece di guadagnarle. Ma vi è un’altra indagine, pubblicata sulla rivista Cognition, che ha cercato di offrire un riscontro al dilemma.

L’esperimento

Ecco come si è svolta: sono state messe a confronto le performances di 88 studenti universitari. A costoro venivano “detratti” 25 centesimi di dollaro per ogni risposta sbagliata e dati 25 centesimi per ogni risposta corretta in un test. Anche stavolta la “punizione” (in questo caso una perdita economica teorica) si è rivelata tre volte più efficace nel rafforzare l’attenzione rispetto a un premio. Secondo gli autori dell’esperimento, Jan Kubanek, ricercatore in neurobiologia presso la Scuola di medicina dell’Università di Washington, e Richard A. Abrams, professore di psicologia, occorrerebbe quindi mutare i criteri con cui si danno i voti e, anziché partire da zero e alzarli a seconda dell’impegno, sarebbe meglio se gli insegnanti partissero da un punteggio fisso e sottraessero punti per ogni risposta sbagliata di un allievo. Ogni detrazione dovrebbe però essere piccola, spiega Kubanek, poiché tendiamo a reagire allo stesso modo a qualsiasi intensità di penalizzazione. Insomma, un eccesso di rigore non servirebbe a nulla.

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