I giovani italiani non se ne stanno con le mani in mano. Secondo un’indagine dell’Istituto Giuseppe Toniolo, realizzata in collaborazione con l’Università Cattolica e con il contributo di Fondazione Cariplo, i ragazzi del Bel Paese sarebbero capaci di adattarsi a remunerazioni basse e a lavori non sempre rispondenti alle loro aspettative, pur di reagire alla crisi che sta attanagliando il Paese. Ciò nonostante gli alti tassi di disoccupazione e la penuria di lavoro. Facendo così, sfatano il mito che li descrive come dei bamboccioni.
Secondo questa indagine, più del 45 per cento dei giovani italiani non è per niente soddisfatto del proprio impiego, mentre solo il 20 per cento di chi ha un lavoro lo è pienamente. Molti di loro, quindi, finiscono per accettare retribuzioni che non ritengono adeguate o lavori non coerenti con il loro titolo di studio, che hanno conseguito dopo anni di duro impegno. Questi ultimi, in particolare, formano una percentuale pari al 47 per cento. Altro che bamboccioni, dunque: in Italia un ragazzo su due, pur di non rimanere a casa a far nulla, si adegua a un salario più basso di quello cui aspira. La situazione si fa più difficile nel Meridione, dove le opportunità lavorative sono più scarse.
Anche se non soddisfacente, chi lascia il proprio lavoro lo fa solo se ne ha già trovato un altro migliore: l’indagine dell’Istituto Giuseppe Toniolo rivela, infatti, che meno del 15 per cento dei giovani italiani abbandona l’occupazione che ha e che non lo appaga senza avere altre alternative. Il motivo principale di perdita del lavoro, invece, riguarda per il 46,1 per cento la scadenza del contratto. Un altro dato che conferma quanto i ragazzi del nostro Paese non siano, in realtà, choosy o bamboccioni è quello riguardante la disponibilità a trasferirsi all’estero: quasi il 50 per cento di loro lo farebbe pur di migliorare la propria condizione lavorativa, mentre solo il 20 per cento si dichiara non pronto.
I giovani italiani sono tutt’altro che schizzinosi. Anzi, “non attendono passivamente che i tempi siano migliori ma – spiega Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore – hanno già imparato ad affrontare la crisi, mettendo in atto alcune strategie occupazionali”. Ad aggravare la situazione sembra essere la mancanza di fiducia nei confronti del Governo e di politiche incisive: secondo la ricerca, infatti, i ragazzi che assegnano un voto positivo all’Esecutivo costituiscono appena il 17 per cento.
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