Terremoti, vulcani, maremoti: vi sembrano oggetti di studio così lontani dalla realtà del Bel Paese? Probabilmente la pensa così la commissione ministeriale incaricata di valutare i progetti di ricerca di interesse nazionale (Prin) che ha escluso dall’ultima tornata di finanziamenti tutti i progetti in ambito geofisico presentati a livello nazionale. Lo denunciano gli scienziati del settore lanciando un appello dalle pagine del sito Scienza in rete.
“Con l’ultima valutazione dei progetti di ricerca di interesse nazionale (Prin 2009) – si legge nell’articolo sottoscritto da una cinquantina di accademici – pubblicata nel mese di luglio, il Ministero dell’Istruzione, Ricerca ed Università ha sancito la fine delle ricerche nel settore geofisico presso le università italiane, non ammettendo al finanziamento nessuno dei progetti di ricerca presentati per i settori di competenza”.
Nell’area disciplinare che va sotto il nome di Scienze della Terra, a dire il vero, sono stati finanziati ventidue progetti, ma solo nei settori della geologia e della geochimica: nessuno tra questi vede coinvolto dunque un solo ricercatore e docente di geofisica. Eppure, fanno presenti gli scienziati, tra i settori di punta in geofisica troviamo lo sviluppo di sistemi integrati di osservazione, dalle reti sismiche a quelle geodetiche, per il monitoraggio dei processi naturali in aree sismiche e vulcaniche attive. Un fronte non irrilevante nel Paese in cui il rischio sismico è il più alto di tutta l’area Mediterranea e tra i maggiori al mondo.
Ma non è tutto, secondo i geofisici non sarebbe la prima volta che il settore viene escluso dalle graduatorie a vantaggio di altri abiti disciplinari “cugini”. “La ‘non ammissione al finanziamento‘ dei progetti di ricerca in geofisica non è casuale e sporadica, ma è oramai sistematica – si legge nell’appello – perpetuandosi da diversi anni e per i diversi programmi nazionali di ricerca finanziati dal Miur, incluse le due tornate dei progetti Firb Futuro in Ricerca”. E, da bravi scienziati, a sostegno dell’affermazione e a corredo dell’articolo firmato da Aldo Zollo, i firmatari sciorinano una serie di tabelle comparative he evidenziano la disparità di trattamento, nonostante quelli geofisici siano tra i settori più produttivi. Dati alla mano naturalmente.
Alla base di tale trattamento ci sarebbe uno schema che vede gli enti di ricerca, e non le università, come i principali luoghi di studio nel settore geofisico. “Questa decisione – conclude l’articolo di Zollo – laddove presa in modo consapevole sarebbe del tutto legittima da parte del Ministero, purché si realizzi in modo trasparente e chiaro e non camuffata da procedure e criteri di valutazione, che scimmiottano solo da lontano il sistema “peer review” dell’European Research Council”.