Ricostruiamo la ricerca, l’università e l’alta formazione artistica e musicale”: la Federazione lavoratori della conoscenza – Flc Cgil, ha presentato alla stampa e alle forze politiche un dossier per rimettere in piedi questi tre settori indeboliti, se non schiacciati, dalla riforma dell’ex ministro Mariastella Gelmini. Le soluzioni proposte dal sindacato guardano alla difesa del diritto allo studio e a una università che sia veramente pubblica e meritocratica, attraverso l’incremento degli investimenti del settore pubblico, l’annullamento del sistema dei tagli indiscriminati e la ripresa del reclutamento universitario.
Nel documento si legge che la prima necessità è restituire agli atenei l’autonomia trasferita al Miur e ridiscutere il ruolo dell’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione istituita dall’ex ministro come organo operativo del ministero, anziché, come sarebbe stato utile, renderla un soggetto terzo e indipendente dal potere politico.
Ma l’urgenza è anche cancellare i tagli degli ultimi quattro anni al Fondo per il finanziamento ordinario delle università, che sarà ridotto del 6,65 per cento rispetto al 2008. Per la Flc è necessario un finanziamento straordinario alla ricerca pubblica di un miliardo di euro in 5 anni, destinato per metà al recupero dei tagli e per l’altra metà a un piano di stabilizzazione dei precari, così da riavviare il ricambio generazionale dei vertici e fermare il declino del numero di docenti e ricercatori dalle 60 mila unità iniziali alle 44 mila previste nel 2018, passando per i 56 mila attuali.
Non solo: chi intraprende un nuovo progetto di ricerca deve essere supportato dal punto di vista fiscale e tutelato da un sistema di valutazione imparziale. Il sistema di ripartizione su base premiale poi non regge, o meglio “l’impressione è di una premialità aggiustata” per il fatto che non ci si può aspettare merito dagli atenei privi di risorse e finanziamenti.
La Federazione dei lavoratori della conoscenza contrasta così l’abolizione del valore legale della laurea perché la misura va a intaccare l’essenza stessa dell’università pubblica e propone invece di stabilire alcuni requisiti qualitativi minimi che ogni corso di laurea deve rispettare affinché il titolo rilasciato sia valido.
Il dossier parla anche dell’aumento delle tasse universitarie e della richiesta di liberalizzazione dei finanziamenti come misure arcaiche, insieme al prestito d’onore, inadatto alla situazione di precarietà che caratterizza la fase attuale. Al contrario, l’università dovrebbe abbracciare una nuova progressività e, citando la sintesi ufficiale del dossier, “avere una regia unica, una sorta di cervello strategico per l’innovazione che superi tutte le distinzioni”.
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