Fermare la Valutazione della qualità della ricerca (Vqr): è questo l’appello lanciato dalla Federazione lavoratori della conoscenza che, tramite un documento sottoscrivibile anche online, ha chiesto all’Agenzia nazionale per la valutazione dell’università e la ricerca, l’Anvur, la modifica del bando e maggior chiarezza sulle sue finalità.
Secondo il sindacato la valutazione di sistema è da ritenersi un corollario necessario per l’autonomia delle istituzioni di ricerca ma ciò non toglie che il processo di valutazione appena avviato presenta limiti da correggere e, soprattutto, scopi poco chiari. Nel documento inviato dalla Flc Cgil al ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, e ai presidenti degli enti pubblici di ricerca, si legge che la modalità in cui si sta svolgendo l’attuale Vqr penalizza gli enti di ricerca per tre motivi.
In primis, tra i gruppi di esperti non compaiono quasi mai ricercatori appartenenti proprio agli enti pubblici di ricerca italiani; secondariamente, il bando sembra essere costituito prevalentemente sul modello organizzativo delle università e, in terzo luogo, i criteri adottati appaiono, per la Flc Cgil, punitivi e incapaci di rappresentare la complessità delle tipologie di lavoro svolto. Da qui la decisione di dar vita a una campagna di coinvolgimento e partecipazione dei cittadini, anche perché – spiegano al sindacato guidato da Domenico Pantaleo – non sono stati recepiti i numerosi tentativi fatti per di avviare una interlocuzione con l’Anvur, il Miur e le amministrazioni degli enti di ricerca.
Sempre nel documento-appello si legge che diversi punti del bando non sono chiari: dall’incertezza sulla valutazione dell’output degli enti, che non può essere fotografato unicamente con criteri bibliometrici, al complesso rapporto che si instaura così tra Vqr e il sistema di valutazione della performance previsto dalla legge 105/09, fino alle difficoltà che comunque esistono relativamente alla produzione di un’analisi valida per tutti i soggetti valutati, enti o atenei.
Il mondo dei ricercatori italiani è ancora una volta al centro delle polemiche. Lo scorso mese erano stati gli stessi docenti universitari a lanciare un appello al ministro Profumo, sottolineando come il modello liberista europeo abbia fallito in Italia. “Ecco l’università che vogliamo“, questo il nome del documento, aveva raccolto quasi 700 adesioni in un solo mese, grazie alla sua diffusione nel web.
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