Bandi di dottorato fermi, nuovi concorsi per ricercatori in stand-by così come le chiamate per i posti di professore associato, ma soprattutto assegni di ricerca bloccati in attesa di un decreto attuativo. L’università post riforma appare in buona sostanza paralizzata, soprattutto sul fronte della ricerca. Una paralisi non priva di conseguenze se consideriamo che gli assegnisti precari nelle università italiane sono 16mila e rischiano di rimanere a spasso.
“La mole di decreti e di prescrizioni minuziose rappresenta un ostacolo al funzionamento, ormai, anche delle attività ordinarie – commenta in una nota Domenico Pantaleo, Flc Cgil – I primi a farne le spese sono i precari che vengono espulsi a migliaia mentre si fermano interi progetti di ricerca”. Progetti di ricerca dai quali la nuova legge escluderebbe gli attuali borsisti e contrattisti, gli studenti della triennale e delle scuole di specializzazione, gli studiosi stranieri: in sostanza senza un programma di assunzioni sono in pochi a poterli portare avanti.
Le borse di studio post-laurea non esisteranno più, eccezion fatta per gli assegni di ricerca, ma i vecchi assegni non possono essere rinnovati, quelli nuovi non possono essere banditi. E oltre ai decreti attuativi, mancano anche i regolamenti di ateneo – un miraggio, considerando che ad oggi le università sono ancora impegnate nella fase “revisione statuti”. Una stasi che potrebbe protrarsi dunque molto a lungo ed essere destinata ad aggravarsi. “Si pianifica nel tempo la riduzione del numero delle persone che nell’università lavorano e lavoreranno in futuro – spiega Pantaleo (Flc-Cgil), il quale chiarisce che all’elevato numero di pensionamenti previsti non corrisponderanno nuove assunzioni tali da garantire il buon funzionamento degli atenei.
Secondo le stime della Cgil, nei prossimi 5 anni passeranno dalla cattedra alla pensione la metà degli ordinari e il 25 per cento degli associati. Una vera emorragia che non potrà essere compensata: l’assunzione dei mille associati annunciati sarà in buona misura limitata dal fatto che le assunzioni sono bloccate in oltre metà degli atenei italiani, a rischio commissariamento.