Ecco Excavator, l'algoritmo superveloce che trova le anomalie nel Dna
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Excavator, l’algoritmo superveloce che riesce a scovare le anomalie del Dna

da | Nov 2013 | News | 0 commenti

Alcuni studiosi italiani hanno messo a punto un nuovo algoritmo capace di identificare quelle parti del Dna che presentano anomalie nel numero di copie, le cui conseguenze sono numerose patologie, come tumori, malattie neurodegenerative e cardiovascolari. Si chiama Excavator ed ha la caratteristica di essere superveloce, permettendo di ottenere la sequenza di un intero genoma umano in tempi molto brevi e a costi 500 volte più bassi rispetto alle tecniche di sequenziamento finora applicate.

L’algoritmo che trova le anomalie del Dna è stato sviluppato grazie alla collaborazione tra Alberto Magi e Lorenzo Tattini, due studiosi del gruppo di ricerca in Systems Medicine di Università di Firenze e AOUCareggi, guidato da Gian Franco Gensini, il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze, l’unità di Genetica Medica dell’Università di Bologna e l’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ITB-CNR) di Milano.

Grazie a Excavator si potranno adesso identificare per tempo e con estrema precisione alterazioni cromosomiche – le cosiddette copy numbers variants (CNV)potenzialmente coinvolte nell’insorgenza di alcune gravi malattie. L’individuazione di queste anomalie genomiche in campioni tumorali, ad esempio, “può aiutare a capire – spiega Ingrid Cifola, ricercatrice presso l’Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR – i meccanismi alla base della progressione del cancro“. Stessa cosa vale anche per la caratterizzazione delle malattie rare. Insomma, lo studio recentemente pubblicato su Genome Biology rappresenta davvero un importante passo avanti nel mondo della medicina.

Cosa rende Excavator capace di trovare le anomalie del Dna in maniera ultra-rapida? L’uso di tecnologie di sequenziamento di nuova generazione, che consentono di abbattere i tempi. “Fino a pochi anni fa – spiega Magi, uno dei ‘padri’ dell’algoritmo – si pensava che la maggior parte della diversità genetica coinvolgesse singole basi del genoma (i polimorfismi a singolo nucleotide o SNP)”, tra il 2006 e il 2007, invece, sono stati pubblicati alcuni studi che hanno dimostrato “che la più grande fonte di variabilità genetica risiede nelle CNV e che queste varianti sono coinvolte in moltissime patologie come i tumori, il morbo di Alzheimer e di Parkinson e le malattie cardiovascolari”.

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