Il 24 marzo, una delegazione del Cnsu, tra cui Valentina Maisto dell’Adi, ha incontrato il ministro Gelmini e i dirigenti del ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. L’incontro ha rappresentato la prima vera occasione, dopo mesi di inascoltate richieste di chiarimenti, per avere risposte sui molteplici punti controversi della legge 240/2010 di riforma dell’Università.
In particolare, è stata sciolta la riserva sulla corretta interpretazione da dare all’art. 19, comma 1, lettera b), che prevede la soppressione del vincolo previsto dalla legge 210/1998, in base al quale ogni università deve bandire almeno la metà di posti di dottorato con borsa di studio. In virtù della riforma Gelmini ciascun ateneo potrà decidere liberamente il rapporto tra numero di posti di dottorato con borsa e senza borsa.
Dopo un lungo silenzio il ministero adotta l’interpretazione emersa alla Camera e non quella data dal Senato, espressa ad esempio dal Senatore Valditara.
Nonostante sia stato precisato che non sarà toccato lo stanziamento nazionale per le borse di dottorato, l’Adi esprime profonda preoccupazione per questo tipo di interpretazione che, in un quadro di grave sottofinanziamento degli atenei, lascia la strada aperta a un uso spropositato dello strumento del dottorato senza borsa da parte dei dipartimenti.
“La condizione di dottorando senza borsa – commentano i dottorandi dell’Adi -, che in base all’undicesimo Rapporto del Cnvsu riguarda ancora il 39,3% dei dottorandi che hanno vinto il concorso nel 2008, svilisce il lavoro di tanti giovani studiosi, costretti a fare ricerca in assenza di un sostegno economico stabile e a pagare tasse che diventano sempre più alte, anche in ragione dei tagli complessivi operati dal governo sui fondi destinati all’Università”. L’Adi da anni chiede il superamento di questo figura.
“Nella legge 240/2010, da oggi è ufficiale, – concludono – non solo non vi è traccia del superamento della figura del dottorando senza borsa, ma anzi si dà il via alla sua proliferazione incontrollata”.