Dilaga il fenomeno delle false dichiarazioni per poter beneficiare delle borse di studio. L’ultimo scandalo in ordine di tempo è quello scoppiato pochi giorni fa a Roma, dove su 546 controlli effettuati dalla Guardia di Finanza sono risultati ben 340 casi di irregolarità nelle autocertificazioni presentate dagli studenti degli atenei di Roma Tre, Tor Vergata e La Sapienza. Ma quello della Capitale non è un caso isolato: con l’intensificazione dei controlli da parte delle università, nell’ultimo anno in tutta Italia sono emersi più di mille casi di irregolarità.
Certo, altrove non si era mai arrivati al livello di Roma, dove la percentuale di dichiarazioni false ha toccato il 62 per cento del totale, ma la situazione è comunque preoccupante. A spingere molti studenti a presentare delle autocertificazioni “truccate” non è solo la prospettiva di ricevere una borsa di studio: i benefici e i privilegi riservati a quelli che dovrebbero essere gli studenti più svantaggiati sono numerosi e comprendono anche esenzione dalle tasse universitarie, alloggi e sconti sui mezzi pubblici.
Il primato della Capitale in quanto a numero di studenti che presentano dichiarazioni irregolari non è, comunque, una novità. I 340 casi di false autocertificazioni registrati quest’anno – i cui autori saranno tutti denunciati per truffa – sono infatti in linea con i risultati dei controlli del 2012. E tra i furbetti smascherati come evasori dalla Guardia di Finanza ci sarebbero anche alcuni tra gli studenti che da mesi sono in protesta – con tanto di sit in e scioperi della fame – contro quella nota come la “sanzione Sapienza”, ossia la multa che l’ateneo romano ha inflitto a chi ha fornito dati errati in sede di compilazione dell’ISEE.
Oltre ai numeri, a far balzare agli onori della cronaca i risultati dei controlli effettuati c’è anche il fatto che a Roma, tra gli studenti che hanno presentato le false dichiarazioni per ottenere borse di studio e altre agevolazioni, ci siano alcuni casi davvero clamorosi. Come quello dello studente di Tor Vergata che ha dichiarato 14mila euro e ne possiede 600mila in banca, o quello della studentessa di Roma Tre con 19mila euro in autocertificazione ma coi genitori con Ferrari, villa e piscina.
Per difendersi dai “furbetti” e preservare il diritto allo studio di coloro che sono davvero più bisognosi, oltre alle proprie casse, gli atenei italiani hanno dato vita a una serie di accordi con Inps, Agenzia delle entrate e Guardia di Finanza, grazie ai quali è possibile incrociare i dati e scovare più facilmente coloro che presentano false dichiarazioni. Attraverso questi strumenti e l’introduzione dell’ISEEU – un indicatore pensato specificamente per l’università, la cui certificazione deve essere rilasciata da organismi riconosciuti (quali i CAF) – la speranza è di riuscire a eradicare un fenomeno diffuso a macchia d’olio, che contribuisce ad acuire il problema dei fondi insufficienti per finanziare le borse di studio e le agevolazioni destinate ai meno abbienti.