Mettersi sulle tracce dell’assassino grazie al gatto di casa, un inaspettato alleato nella risoluzione dei delitti anche più complessi. Questo perché i felini sono animali domestici diffusissimi (ce ne sono circa 220 milioni nelle case sparse per il mondo) e molto spesso sulla scena del crimine restano anche segni della loro presenza, che possono aiutare a identificare l’autore di un omicidio.
Oltre al dna nucleare – che rappresenta la carta di identità genetica di ogni individuo – grazie ai gatti domestici rimangono numerose tracce di dna mitocondriale “ereditato per linea materna, di cui ogni cellula possiede molte copie. I gatti si puliscono e si leccano, lasciandone sui propri peli. L’analisi di questo dna non ci porta al singolo animale, ma – spiega Barbara Ottolini, ricercatrice italiana presso l’Università di Leicester – alla sua ‘famiglia'”. In sostanza, dal pelo si passa al gatto, dal felino al padrone, e il gioco è fatto.
Nel dettaglio, la ricercatrice autrice dello studio sta lavorando a un vero e proprio database del genoma felino, che insieme all’applicazione di una tecnologia di ultima generazione che permetterà agli studiosi di decifrare e comparare, attraverso l’utilizzo di software specifici, tutte le 17mila ‘lettere’ che compongono il codice genetico del gatto domestico segnerà una vera svolta nella soluzione dei delitti.
I primi risultati di questa ricerca, che vede nei gatti di casa dei buoni alleati per la risoluzione dei delitti più rompicapo, dovrebbero essere resi noti il prossimo Aprile e annunciati attraverso una pubblicazione. Inoltre, saranno messi in Rete, così da essere a continua disposizione di ricercatori e inquirenti. Una bella scoperta, però non esente da limiti: “Purtroppo – aggiunge la ricercatrice italiana – il nostro archivio non può essere usato fuori dall’Inghilterra. Non sono mai stati raccolti dati sulla variabilità delle popolazioni feline nei vari stati europei e quindi non è detto che i gruppi evidenziati qui siano frequenti quanto quelli che troveremmo altrove”. Ciò che si spera è che i singoli centri di ricerca presenti in ciascuna nazione si diano da fare in tal senso.
Intanto, la dottoressa Ottolini può vantare, grazie proprio allo studio del genoma del gatto domestico, la risoluzione di uno dei tanti delitti fino a poco tempo fa rimasti ancora irrisolti: l’omicidio di David Guy, trovato morto nell’estate del 2012 sulla spiaggia di Southsea. Per inchiodare l’assassino, David Hilder, c’è voluto un anno. Un ruolo decisivo nella sua identificazione l’hanno giocato, per l’appunto, otto peli di gatto raccolti sulla tendina da doccia che avvolgeva il cadavere. Per arrivare al colpevole, si sono genotipizzati 152 campioni di sangue provenienti da esami di routine compiuti in varie cliniche veterinarie inglesi, creando in questo modo il primo database britannico di dna mitocondriale felino.