“Si deve cambiare mentalità. Il cuore dell’università sono gli studenti”. A dare l’ultima ricetta per il futuro dell’università è il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone (PD), che in un’intervista al quotidiano La Stampa annuncia la preparazione di un piano per “rottamare le rigidità” del mondo accademico. Dopo essersi interessato dei gradi inferiori dell’istruzione con “La Buona Scuola”, il ministero adesso sarebbe in procinto di lanciare un progetto analogo per gli atenei, con il quale si spera – tra l’altro – di riuscire a invertire la tendenza e aumentare il numero di immatricolati e studenti che arrivano alla laurea.
Gli ingredienti della ricetta per il futuro dell’università? Secondo Faraone sono, come ha sottolineato più volte anche il ministro Giannini, “più orientamento in entrata e più tutorato in itinere”, ma anche un potenziamento dei percorsi alternativi, come il sistema degli Istituti Tecnini Superiori (ITS). E poi un ripensamento della laurea triennale, a proposito del quale il sottosegretario ha detto “potenziamola se dobbiamo, ma puntiamo a renderla un titolo subito spendibile”.
Nell’intervista Faraone non ha risparmiato una frecciatina agli atenei. Alla domanda dell’intervistatore relativa al problema delle risorse, sul quale da anni le università richiamano l’attenzione, il sottosegretario ha risposto così: “Le risorse sono sempre un problema ma non possono essere l’unico problema. Soltanto meno della metà dei nostri studenti sono in corso e attivi, oltre la metà degli immatricolati non arriva mai alla laurea, i laureati in corso sono meno del 20 per cento: è solo questione di risorse o anche di organizzazione e di priorità malposte? Di obiettivi e di strategie sbagliate?”.
La ricetta per il futuro dell’università prevede inoltre un cambiamento di mentalità, che non metta più al centro le carriere dei docenti e superi la logica baronale. Il sistema, invece, sostiene Faraone, dovrebbe porre al centro la formazione della futura classe dirigente e produttiva del Paese. “Parliamo pure di reclutamento e carriera, ci mancherebbe,” dice il sottosegretario, “ma facciamolo in un’ottica diversa: prima decidiamo di quale università e di quale corpo docente abbiamo bisogno per far progredire l’Italia, poi troviamo risorse e strumenti”. Dal sottosegretario Faraone arriva poi una doccia fredda per i dottori di ricerca: “Evitiamo di creare illusioni. Produciamo circa 10.000 dottori di ricerca l’anno, la maggioranza dei quali aspira alla carriera universitaria, che però nel migliore dei casi può assorbirne un quinto, magari in futuro un quarto, non di più”. Il dottorato dovrebbe invece, sostiene Faraone, essere valorizzato “nell’amministrazione pubblica, nelle imprese, nelle professioni”.
La ricetta per il futuro dell’università vuole raggiungere una serie di obiettivi precisi: meno burocrazia e rigidità e poi “più studenti, più residenze, maggiore mobilità di docenti e studenti, meno regole e più valutazione”. Sui tempi di realizzazione del piano, però, non ci sono indicazioni rilevanti. Una buona notizia che potrebbe avere impatto quasi immediato, però, c’è. Nell’intervista il sottosegretario Faraone ha annunciato che da quest’anno il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) sarà distribuito a marzo e non a dicembre, per consentire agli atenei di avere più tempo per la programmazione.