Gli atenei non attraggono più i diplomati. Dopo l’allarme lanciato a Gennaio dalla Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) – che denunciava un crollo degli immatricolati nel 2011 – a quanto pare nel 2012 la situazione si sarebbe ulteriormente aggravata, raggiungendo un vero e proprio record negativo. Sempre meno diplomati, infatti, si immatricolano all’università, rendendo il nostro Paese poco competitivo sui mercati internazionali. A rivelare tale situazione è il Ministero dell’Istruzione, incrociando i dati riguardanti i diplomati della scorsa estate e quelli che indicano coloro che successivamente hanno deciso di intraprendere un percorso universitario.
Il trend negativo che ha portato al crollo di immatricolati di oggi è iniziato dieci anni fa, cioè nel 2002/2003. Se si scorrono i dati forniti dal MIUR, si scopre che nel 1982/1983 oltre sette giovani diplomati su dieci hanno proseguito gli studi, mentre nel1991/1992 si è raggiunto il top di passaggi dalla scuola all’università, con il 79,9 per cento. Nel 2012/2013, invece, soltanto il 57,7 per cento dei giovani che si sono diplomati ha deciso di intraprendere gli studi universitari. In questa maniera, il sistema universitario italiano avrebbe perso quasi centomila immatricolati (precisamente 94.000).
Il fatto che sempre meno diplomati siano interessarti a frequentare l’università è riconducibile a più fattori. Innanzitutto, hanno giocato un ruolo assai determinante nella decisione di un numero sempre maggiore di giovani di rinunciare agli studi terziari la crisi e l’aumento delle rette universitarie. Inoltre, la laurea – una volta garanzia di lavoro per chi la conseguiva – sembra aver perso il suo appeal. Ne deriva che l’Italia è il Paese europeo con il minor numero di laureati (19,8 per cento) nella fascia di popolazione compresa tra i 30 e i 34 anni. La superano solo la Romania e la Turchia.
Secondo la Commissione europea, entro il 2020 i Paesi europei dovrebbero raggiungere il 40 per cento di giovani che abbiano conseguito una laurea, con un obiettivo differenziato per l’Italia del 26/27 per cento. La meta, però, sembra piuttosto difficoltosa da centrare, considerato che, oltre ad avere un basso numero di laureati e sempre meno diplomati che frequentano l’università, l’Italia è pure uno dei pochi Paesi in cui negli ultimi dieci anni si sono fatti pesanti tagli nel settore dell’istruzione.