Prendere una laurea e poi trovare un lavoro statale. Fino a pochi anni fa era il destino di moltissimi giovani italiani, adesso, invece, stando ai dati diffusi da AlmaLaurea, il posto pubblico sembra essere diventato un sogno proibito. Con la crisi, infatti, lo Stato ha stretto i cordoni della borsa, riducendo al minimo le assunzioni e costringendo i neolaureati a cercare un impiego altrove.
Secondo AlmaLaurea, solo undici giovani su cento lavorano nel pubblico a un anno dal conseguimento della laurea di II livello. L’85,3 per cento dei neolaureati che hanno un impiego è stato assorbito, invece, nel settore privato e il 6 per cento nel non profit. Insomma, in Italia le cose stanno cambiando e il pubblico impiego, sbocco tradizionale e privilegiato per molti diplomati e laureati, diventa una prospettiva sempre più remota.
Il quadro fornito da AlmaLaurea non è confortante per chi sogna un lavoro statale, tanto più che dai dati raccolti dal consorzio interuniversitario emerge che i laureati che trovano un posto alle dipendenze dello Stato o delle pubbliche amministrazioni subiscono il precariato molto più dei loro coetanei che hanno un impiego nel privato. A un anno dalla laurea il 36 per cento di chi ha un impiego pubblico ha un contratto a tempo determinato e il 26 per cento ha un lavoro parasubordinato, mentre nel privato le percentuali sono rispettivamente del 23 e del 16 per cento.
AlmaLaurea segnala, inoltre, che i contratti a tempo indeterminato e quelli di formazione sono ormai una prerogativa del settore privato. Solo il 14 per cento di chi ha un impiego pubblico ha un contratto a tempo indeterminato, contro il 17,5 per cento di coloro che lavorano nel privato, e i contratti di formazione riguardano appena il 5 per cento degli occupati nel settore pubblico (dato che sale al 22 per cento nel privato).
Ancora una volta, ad essere maggiormente penalizzate sono le donne, sia nel pubblico che nel privato: la percentuale di laureate con contratti “non standard” nel pubblico è del 43 per cento e nel privato del 31 per cento (per gli uomini le percentuali sono il 33 e il 25 per cento).
I dati di AlmaLaurea mostrano, però, che la percentuale di quelli che hanno trovato un posto nel pubblico migliora con il tempo. A cinque anni dalla laurea di II livello, infatti, la quota di occupati nel settore sale al 18 per cento, mentre scendono al 77 per cento quelli che hanno un lavoro nel privato e al 5 per cento coloro che operano nel non profit. Resta, tuttavia, sostanzialmente invariato il tasso di coloro che hanno un lavoro a tempo determinato (40 per cento), mentre scende all’11 per cento nel privato. Analogamente, il 19 per cento dei laureati che hanno un lavoro alle dipendenze dello Stato o delle amministrazioni pubbliche continua ad avere un impiego parasubordinato, contro il 7 per cento del privato.
Il settore pubblico batte quello privato solo sul fronte degli stipendi. A un anno dalla laurea, infatti, chi ha un impiego pubblico guadagna in media 1.298 euro, mentre chi lavora nel privato ne guadagna 1.027, anche se – come avverte AlmaLaurea – bisogna tener conto che ben il 63,5 per cento degli occupati nel settore pubblico prosegue l’attività iniziata prima della laurea e ciò influenza il dato finale. Dopo cinque anni dal conseguimento del titolo, invece, il divario tra pubblico e privato si accorcia e gli stipendi dei dipendenti pubblici superano solo del 3 per cento quelli di coloro che operano nel privato.