L’allarme è stato lanciato dal Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale (Cun), durante la presentazione del XIII Rapporto Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati. Secondo le rilevazioni del Centro studi “Comunicare università” del Cun, i neoiscritti alle università pubbliche italiane nell’ultimo anno sono calati del 5 per cento e se si guarda ai quattro anni passati il dato è ancora più preoccupante: -9,2 per cento di matricole.
“Tutto questo proprio mentre in Italia aumentano i cosiddetti ‘maturati‘ e in generale, dopo anni, i diciannovenni – ha spiegato Lenzi dal salone degli affreschi della sede Crui di piazza Rondanini – Una ragione in più per non sottovalutare il fatto che in quattro anni i diplomati iscritti all’università sono calati di 6 punti percentuali”. I diplomati sono aumentati dello 0,9 per cento nel 2010, ma nello stesso anno soltanto il 62 per cento ha scelto di proseguire gli studi in un ateneo, contro il 66 del 2009 il 65 del 2008 e il 68 del 2007.
Sono soprattutto l’area delle scienze sociali e quella umanistica (a risentire della flessione di matricole, mentre tengono l’area medico-sanitaria e quella tecnico-scientifica. I dati resi noti dal Cun registrano una situazione sostanzialmente immutata nei grandi atenei. Ciò vuol dire che la flessione degli iscritti ha colpito soprattutto le piccole università e in particolare quelle del Sud, dove in quattro anni è venuto meno il 19,6 per cento degli immatricolati e solo nell’ultimo anno il calo è stato del 6,9 per cento.
A fare da contraltare a questa situazione c’è l’aumento del 2 per cento degli immatricolati negli atenei privati, anch’essi però in calo dello 0,8 per cento rispetto a quattro anni fa. In questo trend si cela una ulteriore spiegazione del calo degli iscritti. “Da una parte – spiega Lenzi – la crisi economica ha impedito l’accesso di molti giovani provenienti da famiglie a basso reddito, dall’altro l’appeal decisamente diminuito, complici anche i media, degli atenei pubblici ha non solo provocato una riduzione delle immatricolazioni ma anche uno spostamento della domanda verso gli atenei cosiddetti privati”.
Ma perché il calo degli immatricolati dovrebbe preoccuparci se, come spesso si sostiene, in Italia ci sono troppi laureati? “Chi afferma che ci sono troppi laureati farebbe bene a guardare al numero dei laureati negli atri Paesi europei, ben più elevato che in Italia. Meno immatricolati vuol dire meno laureati, e quindi rinunciare alla capacità di innovare, che invece è diventata motivo di sopravvivenza per i Paesi industrializzati”.
Una soluzione, spiega il presidente del Cun, è quella di dar luogo a una fortissima politica di orientamento. “Dobbiamo andare dentro le superiori a spiegare perché è importante iscriversi all’università” conclude Andrea Lenzi, che invita i media a comunicare quanto sia importante ottenere una laurea al grido di “Laurearsi, laureasi, laurearsi”.