Ad essere determinante nelle graduatorie dei concorsi pubblici non sarà più solo il voto di laurea: anche l’ateneo di provenienza conterà. A stabilirlo è un emendamento al disegno di legge sulla Pubblica Amministrazione appena approvato nella Commissione Affari Costituzionali della Camera. L’emendamento è stato presentato dal deputato del Partito democratico (PD) Marco Meloni e prevede il “superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l’accesso ai concorsi e possibilità di valutarlo in rapporto a fattori inerenti all’istituzione che lo ha assegnato e al voto medio di classi omogenee di studenti”.
In soldoni, ciò significa che ad essere rilevanti ai fini della determinazione delle graduatorie dei concorsi pubblici saranno anche altri fattori oltre al voto di laurea. Fattori tra i quali occupa un posto importante anche l’ateneo presso il quale il candidato ha conseguito il titolo, una misura che dovrebbe garantire una maggiore equità, evitando che siano favoriti gli ex studenti di università nelle quali i voti vengono assegnati in maniera più generosa.
Il punto, però, sarà stabilire secondo criteri oggettivi quali siano gli atenei più magnanimi – i cui laureati meriteranno di avere un vantaggio nei concorsi pubblici – e quelli meno, ed è facile prevedere che in merito non mancheranno le polemiche. Una strada, ad esempio, potrebbe essere quella di sfruttare i giudizi espressi dall’ANVUR, l’Agenzia Nazionale per la Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca istituita nel 2006, organismo il cui operato è già stato tuttavia contestato in più occasioni e da più parti.
Oltre a quelle relative al voto di laurea e all’ateneo di provenienza, il ddl sulla Pubblica Amministrazione prevede altre novità rispetto ai concorsi pubblici. Tra queste c’è il maggior rilievo che sarà dato alla conoscenza della lingua inglese e di altre lingue straniere, fattore che sarà considerato o come requisito d’ammissione alle selezioni o come titolo di merito in sede di determinazione del punteggio.
Sarebbe ora che i 110 e i 110 e lode regalati senza ritegno nelle università meridionali venissero aboliti perché non valgono neppure i 60 delle università del nord!