Studenti che risultano aver superato esami mai sostenuti e voti che lievitano misteriosamente. È bufera all’Università di Catania, dove due dipendenti della facoltà di Medicina sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di violazione del sistema informatico universitario, falso di atto pubblico e corruzione. Avrebbero ricevuto soldi in cambio di modifiche al database della facoltà, ricavando in totale 2.500 euro dalla compravendita degli esami.
Le indagini sono partite a seguito di una segnalazione anonima, che denunciava l’esistenza di una compravendita di esami alla Facoltà di Medicina dell’Università di Catania. Il lavoro degli inquirenti si è concentrato su due studenti e 20 esami in tutto che i due dipendenti avrebbero illegalmente fatto risultare superati, modificando – dietro pagamento di congrue somme di denaro – i dati contenuti nel sistema informatico della facoltà. Il sotterfugio avrebbe addirittura consentito a uno dei due giovani coinvolti di laurearsi.
L’Università di Catania – il cui contributo è stato fondamentale per il buon esito delle indagini – è già intervenuta. Il rettore Giacomo Pignataro ha fatto sapere che è stato prontamente disposto “l’annullamento degli esami e, di conseguenza, della laurea illecitamente conseguita dallo studente in questione, attivando i procedimenti disciplinari previsti dalle norme vigenti nei confronti dei dipendenti coinvolti”. Pignataro ha espresso anche il proprio sincero rammarico nei confronti della vicenda, assicurando che l’ateneo continuerà “ad operare e a vigilare concretamente perché non si ripresentino altri casi analoghi, che vanno assolutamente condannati e severamente perseguiti”.
Avendo confessato la compravendita di esami, i due ragazzi coinvolti sono riusciti ad evitare di finire in carcere, mentre ai due dipendenti dell’ateneo siciliano sono stati concessi gli arresti domiciliari. Le indagini della Guardia di finanza, intanto, proseguono alla ricerca di eventuali altre persone che possano essersi rese complici del reato. Al momento, comunque, non risulta il coinvolgimento di alcun docente dell’Università di Catania nella vicenda.