Se le università italiane non sorridono alla notizia che nessun ateneo nostrano è nominato tra i primi 200 al mondo, per Harvard il ranking del Times 2011 ha rappresentato un vero e proprio choc grazie alla perdita del primato a vantaggio del California Institute of Technology. Un brutto colpo per l’università più ricca del mondo, che ha sempre mantenuto la vetta della classifica del Times Higher Education fin dalla prima edizione nel 2004.
E al prestigioso ateneo statunitense non resta nemmeno la soddisfazione di un secondo posto “pieno”: ad affiancarlo a pari merito c’è un’altra università californiana, Stanford. Un altro brutto colpo dopo quello inflitto da un altro ranking molto accreditato, Qs, che pure nei mesi scorsi aveva “declassato” Harvard dalla cima, in favore questa volta di Cambridge.
Che cosa è successo? Dietro al “declassamento” di Harvard – spiega Phil Baty, uno degli editor del ranking – c’è l’incremento del 16 per cento dei fondi per la ricerca nelle casse del California Institute of Technology. “L’anno scorso la differenza tra i due atenei era minuscola – commenta Baty – ma quest’anno il Caltech ha visto aumentare i propri fondi in maniera più significativa. Anche Harvard li ha aumentati, ma di una percentuale inferiore”.
Harvard mantiene per lo meno il primato se andiamo a vedere il punteggio relativo all’insegnamento. Il ranking del Times si basa infatti sulla media ponderata dei punteggi conseguiti in cinque diverse aree: applicazioni industriali, citazioni, ricerca, insegnamento e internazionalizzazione.
“Non credo che Harvard sia stata particolarmente colpita dalla crisi. Il vero problema invece – spiega ancora Baty – è che si incomincia a notare che le grandi università pubbliche americane sono in sofferenza, mentre quelle private riescono in qualche modo a mantenere il livello di finanziamenti”. Per questi stessi motivi già lo scorso anno alcuni eminenti college pubblici californiani sono scivolati pesantemente in classifica e l’anno prossimo sono incerte le fortune delle università più prestigiose d’Inghilterra (quest’anno molto ben piazzate), colpite da una riforma “frettolosa”, come la definiscono gli editor del Times.