Gli studenti “ritardatari” rischiano di diventare un problema economico per le università, così Il Sole 24 ORE ha stilato una classifica degli atenei con più fuoricorso, per capire quali siano quelli che rischiano di più. Il MIUR, infatti, ha deciso di modificare i parametri per il calcolo dei costi standard, una delle voci che determineranno la distribuzione del Fondo di finanziamento ordinario, escludendo dal numero degli iscritti coloro che hanno sforato la durata legale del proprio percorso di studi.
A detenere un non particolarmente onorevole primato in questa graduatoria sono Potenza e L’Aquila, con un livello di fuoricorso pari al 53,3 per cento, più di uno studente su due. All’estremo opposto della classifica degli atenei con più fuoricorso ci sono lo IUAV di Venezia e il Politecnico di Milano, che hanno meno di un terzo degli iscritti in ritardo rispetto alla tabella di marcia prevista dal piano di studi.
La classifica degli atenei con più fuoricorso, inserita in un articolo a firma di Gianni Trovati pubblicato ieri sul famoso quotidiano economico, segnala che anche a Cagliari (51,3 per cento) e a Catania (50,8) più della metà degli studenti sono rimasti indietro con gli esami. Poco meno di uno su due sono, invece, i “ritardatari” di Pisa (49,1) e Sassari (49). Tra le dieci università pubbliche con più fuoricorso ci sono poi l’Università della Calabria (48,6), Cassino (47,9), Camerino (47,8) e Benevento (47,5). In generale, tutte le prime venti posizioni sono occupate da università del Centro-Sud, con Pisa come unica eccezione, mentre le ultime venti sono tutte appannaggio di atenei del Nord, che contano un tasso di studenti “attardati” nettamente inferiore.
Se il ministero dovesse continuare dritto sulla proprio strada e ignorare le riserve del Consiglio universitario nazionale (CUN), che invita a riconsiderare i parametri per il calcolo dei costi standard per studente alla luce della complessità del sistema italiano, le prospettive per chi è in vetta alla classifica degli atenei con più fuoricorso sarebbero fosche: “cifre di questo tipo sono più che sufficienti ad agitare rettori e docenti”, ha scritto Trovati. Il rischio, infatti, è quello di vedersi decurtare sensibilmente i finanziamenti.