Ancora proteste in Cile. Nei giorni scorsi migliaia di studenti sono scesi in piazza bloccando il traffico in diverse parti della capitale Santiago. È la quarantaduesima manifestazione contro la riforma dell’istruzione dal mese di aprile.
La polizia ha fermato la marcia dei manifestanti verso il basso Alameda Avenue, una arteria del centro, ma non prima che il traffico fosse stato interrotto. Vicino alla stazione centrale, nella parte orientale della città, gli studenti hanno lanciato pietre e bastoni contro la polizia, che ha reagito con violenza. Scontri sporadici sono continuati per diverse ore. Le forze dell’ordine non hanno voluto dichiarare quante siano le persone arrestate.
“Queste proteste sono assolutamente inutili – ha dichiarato Andres Chadwick, portavoce di Sebastian Pinera, l’impopolare presidente cileno – creano solo problemi agli altri e la gente inizia a chiedesi: fino a quando?”. Gli studenti, supportati da docenti e sindacati, chiedono che il governo conservatore di Pinera revisioni il sistema di istruzione per garantire un’università libera e di alto livello per tutti i giovani del Paese. Entro il 30 novembre l’esecutivo dovrà approvare il bilancio relativo al capitolo dell’istruzione e la protesta degli studenti, che non si limita soltanto a chiedere maggiori stanziamenti, si annuncia ancora più aspra nei prossimi giorni.
Le proteste sono le più lunghe e agguerrite che siano mai avvenute da dopo la fine della dittatura di Augusto Pinochet più di due decenni fa. Ma il problema nasce a monte. Sotto Pinochet, il finanziamento statale per l’istruzione pubblica è stato ridotto, la privatizzazione incoraggiata e la responsabilità per le scuole pubbliche passò ai comuni. Il risultato è stato un sistema altamente disgregato in cui chi se lo può permettere frequenta scuole e università private e chi non può deve accontentarsi della scarsissima qualità e dei miseri servizi offerti dall’istruzione pubblica.