Concentrarsi troppo sul cercare la felicità rende infelici. Per vivere meglio è preferibile accettare gli aspetti negativi dell’esistenza e anche i sentimenti meno piacevoli. A scoprirlo è stata Iris Mauss, psicologa della University of California di Berkeley, che ha appurato come l’impossibilità di essere felici spinga molti a colpevolizzarsi per non aver ottenuto quello che avrebbero voluto.
In sostanza, sforzarsi di cercare la felicità è assolutamente inutile, perché molto spesso si tende a vedere la propria vita in maniera distorta, percependola diversa da com’è in realtà. Soprattutto, l’errore che si commette nella ricerca della “perfezione” è quello di considerare la propria esistenza molto più complicata e difficile di quanto non sia, attribuendo a se stessi la responsabilità di ciò che non va.
Ma come mai si tende a perseverare nel cercare la felicità se proprio questo ci rende infelici? Semplice: tutto è da ricondursi ai modelli culturali dominanti nel cinema e in TV, che spesso – troppo spesso – propongono un lieto fine. Quindi ci convinciamo che sia esattamente così che tutto dovrebbe essere e che, se non accade, è perché in un certo senso non ce lo siamo meritato. Nella vita vera, però, non sempre tutto va per il verso giusto, a volte indipendentemente da quello che facciamo o non facciamo. Ecco perché, per non stare male con se stessi, occorre imparare ad accettare anche situazioni, condizioni e sentimenti che non sono definibili come “felici”.
Quello che serve è, dunque, un cambio di prospettiva, perché – come ha dichiarato la stessa Iris Mauss in un’intervista a livescience.com – “concentrarsi in modo esplicito e volontario sulla ricerca della felicità è controproducente e autolesionista” e non si deve commettere l’errore di sentirsi vivi solo quando si è felici, bensì apprezzare e accettare tutta la ricchissima gamma di emozioni che costellano la vita di ciascuno di noi, senza considerare i momenti infelici come momenti di serie B.