Nell’ambito di due diversi studi giapponesi – uno condotto dall’Università di Tokyo e uno dal Riken Research Center of Allergy and Immunology – alcuni ricercatori sono riusciti a utilizzare le cellule staminali per “ringiovanire” quelle immunitarie in pazienti affetti da cancro o Aids. Si tratta di una scoperta che può aprire nuovi e interessanti orizzonti nella lotta contro queste due terribili malattie che ancora oggi mietono molte vittime, rendendo più forti le risposte naturali del corpo alla loro insorgenza e al loro decorso.
La scoperta fatta in Giappone è piuttosto importante, poiché potrebbe rendere le cellule immunitarie prodotte dall’organismo per contrastare cancro e Aids molto più potenti. Queste, infatti, spesso hanno cicli di vita così brevi e sono in numero così scarso, da non riuscire a contenere attacchi particolarmente aggressivi. Partendo da vecchie staminali, invece, è possibile crearne un numero superiore, di più lunga durata e in grado di riconoscere i giusti “bersagli”, cioè le cellule infette da Hiv e quelle tumorali.
Nello studio seguito dall’Università di Tokyo i ricercatori hanno utilizzato le cellule immunitarie di un paziente sieropositivo, mentre in quello portato avanti dal secondo gruppo di ricerca giapponese si è preso in considerazione un individuo affetto da melanoma maligno. Nei due casi, comunque, è stata utilizzata la stessa tecnica: gli scienziati hanno trasformato i vecchi linfociti T del sistema immunitario delle due persone prese in esame in staminali pluripotenti indotte, che poi sono state “ampliate” e differenziate nuovamente in leucociti di tipo T, con un potenziale di crescita e una durata di vita superiori.
Un grande traguardo nella lotta contro cancro e Aids, quello raggiunto da questi due studi giapponesi, pubblicati sulla rivista Cell Stem Cell. Già si pensa agli obiettivi futuri: “Il prossimo passo che stiamo per fare – spiega uno dei ricercatori, Hiroshi Kawamoto – è verificare se queste cellule T rigenerate possano uccidere selettivamente le cellule tumorali, ma non i tessuti sani”. Se così fosse, le nuove cellule immunitarie “potrebbero essere applicate direttamente ai pazienti. E questo potrebbe essere realizzato in un futuro non troppo lontano”.