Cattive notizie per i giovani che ricevono dei benefici economici a sostegno del diritto allo studio: secondo i dati AlmaLaurea i borsisti trovano meno lavoro di coloro che non hanno mai ottenuto una borsa di studio. Analizzando la condizione occupazionale dei laureati magistrali a un anno dal conseguimento del titolo, il consorzio interuniversitario ha scoperto che per gli ex-borsisti la quota di occupati si ferma al 53 per cento, mentre per gli altri sale al 59.
Non solo i borsisti trovano meno lavoro, ma quando risultano occupati, la loro posizione è più precaria rispetto a quella dei non borsisti. Solo il 16 per cento di chi ha beneficiato di contributi economici durante gli studi universitari riesce ad ottenere un contratto a tempo indeterminato a un anno dalla laurea magistrale, mentre la quota tra coloro che si sono laureati senza ottenere benefici è pari al 20 per cento. Parallelamente, il 34 per cento degli ex-borsisti ha contratti a tempo determinato, contro il 27 per cento dei non borsisti.
Anche sul piano della retribuzione gli ex-borsisti risultano penalizzati. I laureati magistrali che non hanno mai usufruito della borsa di studio guadagnano mediamente il 9 per cento in più degli altri: per i primi lo stipendio medio è di 969 euro, mentre per i secondi si sale a 1.058 euro netti mensili.
Come se non bastasse, i borsisti trovano meno lavoro e quello che trovano è spesso scarsamente attinente con gli studi svolti. Il 30 per cento dei laureati magistrali che hanno usufruito della borsa di studio ha dichiarato che il titolo conseguito è poco o per nulla efficace nel proprio lavoro. La percentuale dei non borsisti che ha espresso lo stesso giudizio, invece, è dell’8 per cento inferiore (22 per cento). Il motivo? Secondo AlmaLaurea le difficoltà economiche dei borsisti li spingono ad “accontentarsi” di lavori non coerenti con i propri studi, per non prolungare il periodo di inoccupazione.
Non è il mondo del lavoro a penalizzarci, è la povertà!