L’hanno definita “massa mancante“: tanti e blasonati scienziati hanno scandagliato per almeno due decenni l’universo per cercarla, ma ogni tentativo è stato vano. Almeno fino a qualche giorno fa, quando a dare notizia della sua individuazione è stata una ragazza australiana di 22 anni, dopo “soli” tre mesi di ricerche.
Amelia Fraser-McKelvie, stagista con borsa di studio che studia ingegneria aerospaziale all’Università Monash di Melbourne, ha lavorato con alcuni astrofisici dell’ateneo e ha poi pubblicato l’esito della scoperta sul notiziario mensile della Royal Astronomical Society.
Che la scoperta abbia dello straordinario l’ha sottolineato anche il suo relatore alla Scuola di Fisica, Kevin Pimbblet, ricordando che da tempo i migliori studiosi cercavano la risposta a un quesito sulla massa dell’universo. Riposta che la stagista ha dato in 90 giorni di lavoro, confermando la teoria ipotizzata dalla comunità scientifica, e cioè che la massa mancante dell’universo – quella metà che secondo i calcoli doveva esserci ma non si era certi di dove fosse – si concentra in strutture chiamate filamenti che si trovano tra i gruppi di galassie.
Questa massa “nascosta”, ritenevano gli studiosi, ha bassa densità e temperature che raggiungono il milione di gradi Celsius, e si dovrebbe osservare sulle lunghezze d’onda dei raggi X. Ma nessuno finora l’aveva individuata. Proprio sfruttando le sue competenze sull’astronomia a raggi X la stagista 22enne ha studiato i dati raccolti in passato dai ricercatori e a indicato nel suo studio dove si localizzano i filamenti.
Oltre a confermare e “dimostrare” la teoria degli astrofisici “di professione”, la scoperta di Amelia Fraser-McKelvie – spiega il relatore Pimmblet – potrebbe incidere sul modo in cui si costruiscono i telescopi destinati specificamente allo studio di questa massa.
Le osservazioni ai raggi X forniscono informazioni importanti sulle proprietà fisiche di strutture di grandi dimensioni, che possono aiutare gli astrofisici a comprendere meglio la loro vera natura. Fino ad ora, erano state effettuate deduzioni basate solo su modelli numerici, per cui la scoperta è un enorme passo avanti nel determinare la quantità di massa effettivamente contenuta nei “filamenti di galassia”.