L’anno accademico si apre con una notizia poco gradita per gli studenti siciliani: la Regione Sicilia, infatti, ha deliberato un aumento della tassa regionale per il diritto allo studio di 55 euro. Gli universitari si troveranno quindi a pagare non più 85, ma ben 140 euro: un incremento del 60 per cento, difficile da affrontare soprattutto in questi tempi di crisi economica.
Le motivazioni di questo cambiamento vanno ricercate nel decreto legislativo 68/2012, una parte del quale riguarda l’adozione di un piano triennale per la “sostenibilità di tutte le attività” e contempla quindi, tra i provvedimenti relativi, anche l’aumento della quota regionale delle tasse universitarie. Lo stesso decreto, tuttavia, stabiliva la possibilità di differenziare l’incremento di tassazione, dando dunque la possibilità alle Regioni di imporre un versamento di 120, 140 o 160 euro (in base alle fasce di reddito), purché la delibera in proposito fosse stata emanata entro il 30 giugno 2012. La Regione Sicilia ha però lasciato passare questo termine e si trova quindi a doversi adeguare ai dettami legislativi, che in questo caso stabiliscono un importo di tassazione forfettario di 140 euro senza distinzioni.
La comunicazione dell’aumento è avvenuta solo agli inizi di settembre, quando molti studenti avevano già pagato la quota regionale delle tasse universitarie per l’ammontare originariamente stabilito di 85 euro: sarà loro cura, ora, provvedere al conguaglio con la nuova cifra.
Le reazioni del mondo universitario sono state di contestazione per le modalità di gestione dell’aumento, che hanno impedito di differenziarne l’importo, e per il timore che il gettito aggiuntivo non sia utilizzato per migliorare i servizi universitari, in alcuni casi davvero minimi: all’Università di Palermo, ad esempio, mancano non solo i computer e la copertura WiFi, ma addirittura la carta igienica nei bagni. Gli studenti palermitani si stanno quindi mobilitando per raccogliere firme allo scopo di poter partecipare alla gestione dei nuovi fondi, che ci si augura vadano a vantaggio di chi vive l’università in prima persona.
Il problema delle tasse universitarie non è però solo siciliano: nel corso del 2012 l’Unione degli Universitari aveva già denunciato la presenza sul territorio nazionale di otto atenei caratterizzati da una tassazione ben superiore al 20 per cento del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo): Università di Bergamo, Università dell’Insubria, Statale e Bicocca di Milano, Università di Modena e Reggio Emilia, Università di Napoli “Parthenope”, Università di Urbino e “Ca’ Foscari” di Venezia.
Fortunatamente esistono anche esempi positivi: primo fra tutti quello dell’Università di Torino, che ha adottato un sistema di tassazione personalizzato in base alla condizione economica di ogni studente, così che le tasse universitarie siano correttamente proporzionate al reddito del singolo. C’è da augurarsi che molti atenei adottino modelli simili in un prossimo futuro, affinché gli studi universitari rimangano un vero “diritto” come sono sempre stati.
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