Cresce il numero di stage e tirocini per studenti e laureati, ma sono ancora pochi gli atenei che ne organizzano un numero consono alla popolazione universitaria. È quanto emerge dall’ultimo rapporto annuale sull’università presentato dal Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario.
Il rapporto ha evidenziato che nel complesso l’offerta universitaria di stage e tirocini presso enti pubblici o privati è aumentata.
In particolare, per quanto riguarda gli stage e i tirocini curriculari, vale a dire quelli svolti dagli studenti durante il corso di studi, nell’anno accademico 2007/2008 gli atenei italiani ne hanno attivati complessivamente 230.673. Oltre il 20 per cento in più rispetto all’anno precedente.
Tuttavia, le università che attivano un numero consistente di tirocini sono ancora poche. In generale, dal rapporto risulta che per ogni cento studenti, le università del Nord hanno attivato 24 stage, quelle del Centro 26 e quelle del Sud 16. In media, insomma, il sistema universitario offre l’opportunità di stage solo al 20 per cento degli studenti.
Secondo quanto emerge dal rapporto, l’offerta maggiore la danno gli atenei di dimensioni più piccole. Il numero di tirocini proposti agli studenti, dipende inoltre dalla dislocazione geografica degli atenei che è correlata al settore economico nel quale lo studente svolgerà il periodo di formazione al lavoro. Ad esempio, sul totale degli stage e tirocini attivati dagli atenei quasi la metà si svolgono nel settore della sanità, con una attivazione che risulta quindi più massiccia al centro rispetto alle altre zone d’Italia.
Per quanto riguarda invece i laureati da non più di 18 mesi, gli stage attivati dalle università nel 2007/2008 sono stati 24.859, leggermente superiori a quelli attivati l’anno precedente. Ma, anche qui, a livello nazionale si tratta di una percentuale molto bassa, che va a coprire solo il 3 per cento dei laureati nelle università statali e l’8 per cento dei laureati nelle università private.
Infatti li prendono di nascosto i laureati/e protetti/e dai professori, mica li danno a tutti.E’ un ulteriore discriminazione ai danni di tanti laureati che non hanno nessuno che li protegge.Un ulteriore barriera. Ma le aziende perchè non permettono ai ragazzi di rivolgersi loro direttamente alle aziende?perchè le aziende continuano ad interfacciarsi e assecondare le segnalazioni avute dalle Università?