Un’assemblea nazionale per chiedere al Governo di fare un passo indietro sul ddl di riforma dell’università. Succede oggi a Milano, all’interno del polo didattico di via Colombo nella Città degli Studi della Statale, dove fino alle 17.30 saranno riuniti i ricercatori provenienti dagli atenei di tutta Italia. Il ddl Gelmini, in corso di esame in commissione al Senato, spiegano, rischia di “cancellare la nostra esistenza”.
Continua quindi la mobilitazione della ricerca italiana iniziata nei mesi scorsi negli atenei di Torino, Cagliari e Napoli, ed emersa all’attenzione pubblica con quello che è stato definito lo sciopero bianco dei ricercatori.
Una mobilitazione che si è accesa nelle ultime settimane anche negli atenei di Roma, Salerno, Bari e Milano, e che è coincisa con la scelta di molti di rifiutare ogni incarico didattico “non obbligatorio”.
Azione di protesta, questa, che se diventasse sistematica metterebbe seriamente a repentaglio il sistema della didattica nelle università italiane, per larga parte basato proprio sull’attività dei ricercatori, che oltre a fare ricerca si sobbarcano anche una parte consistente di corsi e lezioni.
Al centro delle richieste dei ricercatori c’è sicuramente l’emergenza occupazionale e la situazione di precariato in cui verte la ricerca pubblica. Per questo, i ricercatori chiedono un nuovo sistema di reclutamento ma anche che il Governo prenda in seria considerazione delle proposte operative per affrontare l’emergenza lavorativa.
In particolare, i ricercatori riuniti oggi a Milano dichiarano di opporsi con decisione:
- al processo di privatizzazione dell’università pubblica
- alla riduzione della rappresentanza delle diverse componenti accademiche negli organi collegiali
- alla dismissione del patrimonio di competenze e professionalità dei ricercatori “minacciato dalla messa in esaurimento della figura del ricercatore universitario a tempo indeterminato“
Proprio su questi punti, i ricercatori si aspettano che il Governo faccia un passo indietro a cominciare dal ddl che entro fine maggio dovrebbe andare al voto in Senato.