L’Arabia Saudita vieta agli studenti di tutte le sue università di entrare negli atenei con un look emo, vale a dire con jeans di pelle nera, occhi marcatamente truccati e capelli lunghi con un taglio irregolare e asimmetrico.
Le autorità saudite hanno condotto infatti una inchiesta ufficiale per definire l’origine e le conseguenze socio-culturali di questa tendenza ormai così diffusa tra i più giovani. L’esito dell’inchiesta ha condotto alla conclusione che il look emo è “frutto di una subcultura impropria e deviante” che va dunque estirpata dai luoghi di formazione.
Oltre al caratteristico taglio di capelli e al trucco nero, sono state bandite anche magliette aderenti con immagini dei gruppi musicali preferiti e cinture con borchie di colori molto accesi.
L’esclusione dalle università sembra quasi una misura ragionevole di fronte a decisioni più drastiche assunte, sempre nei paesi arabi, nei confronti dei giovani che “aderiscono” a questa tendenza. Alcuni Paesi hanno addirittura stabilito che vadano tratti in arresto i giovani emo, in quanto ritenuti addirittura seguaci di Satana.
In Iraq si sono verificati episodi di violenza estrema nei confronti di giovani che avevano il look “incriminato”: una vera e propria persecuzione governativa delle minoranze definite come deviate e anomale, mettendo in un unico calderone agli emo anche gli omosessuali.
Secondo i media iracheni le vittime emo sono state numerose, d’altra parte però non si hanno dati certi nemmeno da organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch che in ogni caso denunciano la campagna denigratoria in atto.
Sembra dunque che le università saudite abbiano identificato il look alternativo emo come indicatore di una personalità deviata ma anche deviante e quindi da allontanare dalla comunità universitaria. Del resto le rivolte arabe hanno già messo in luce che proprio la musica riesce a unire e motivare i giovani nelle loro proteste, scomode al regime governativo.
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