Test addio? No, solo arrivederci. Dopo un lungo silenzio, le ultime settimane hanno riacceso i riflettori sulla riforma del sistema di accesso a Medicina. Dopo aver dichiarato in un’intervista a Il Sole 24 ORE che per l’anno accademico 2015-2016 la selezione avverrà ancora attraverso il temutissimo – e contestatissimo – “quizzone preventivo”, il ministro Stefania Giannini in una lettera a Il Mattino si è mostrata attratta dall’ipotesi di un test nazionale al termine del primo anno di corsi.
L’interesse del ministro è rendere più sicuro e trasparente l’accesso a Medicina e, più in generale, alla professione medica. Quello del test di ammissione, infatti, non è l’unico problema, come dimostrano ampiamente i recenti travagli legati al primo concorso nazionale per le scuole di specializzazione.
Le cose da fare sembrano essere ben delineate nella mente di Stefania Giannini. Serve più orientamento, ha ribadito il ministro nella propria missiva, ma anche una revisione del sistema di accesso. Più orientamento perché non è realistico che, come è accaduto nel 2014, si presentino al test di ammissione 63mila candidati per 10.500 posti disponibili per l’immatricolazione ai corsi di laurea a ciclo unico in Medicina e Chirurgia. E una riforma che sposti la prova di selezione al termine del primo anno di corsi perché “l’accesso al corso di laurea non può essere un flash mob di sessanta minuti prima dell’inizio dell’anno accademico senza alcuna preparazione specifica”.
Per l’accesso a Medicina la soluzione ideale, scrive il ministro, sarebbe “un sistema inizialmente più aperto, che permetta di monitorare tutti gli aspiranti medici lungo tutto il primo anno di corso” e dopo 12 mesi selezionarli secondo il fabbisogno “tramite una prova conclusiva nazionale”. Ma non basta ripensare il test, occorre anche prevedere un numero di borse di specializzazione pari a quello dei laureati. “Ogni anno selezioniamo un numero limitato di giovani con una prova circoscritta, li facciamo formare in un percorso lungo, complesso e costoso. E dopo oltre sei/sette anni diciamo alla metà di questi laureati che per loro non c’è posto. Inaccettabile”, afferma Stefania Giannini.
L’ennesimo capitolo della lunga storia della riforma del sistema di accesso a Medicina è stato iniziato e non rimane che restare in attesa dei prossimi sviluppi.