Valore legale della laurea addio? Forse questa volta ci siamo davvero vicini. Il provvedimento avrebbe dovuto essere inserito già all’interno del testo sulle liberalizzazioni, ma qualche margine per temporeggiare è dovuto, vista anche la spaccatura che si intuisce all’interno della compagine governativa guidata da Mario Monti. Se infatti il ministro Severino, in linea di massima favorevole, chiede che la misura venga applicata con gradualità, Anna Maria Cancellieri, ministro degli Interni, è nettamente contraria all’abolizione del valore legale della laurea.
Ma cosa significherebbe questo provvedimento? In sostanza il campo di battaglia è quello dei concorsi pubblici e l’idea di fondo è che non tutte le lauree possono essere equivalenti. Se un’azienda privata può distinguere tra un laureato in un ateneo di primo livello e uno che ha frequentato una università meno prestigiosa, allo stesso modo dovrebbe poter distinguere anche la pubblica amministrazione, secondo il provvedimento.
Voto e tipo di laurea, dunque, potrebbero non contare più nulla ai fini della graduatoria in un concorso pubblico, mentre potrebbe pesare nel punteggio l’ateneo di provenienza. Chi ne stabilirà il valore? L’Anvur, Agenzia per la valutazione del Sistema universitario e della ricerca, che ha ricevuto il compito di stilare una certificazione della qualità dei corsi di laurea e degli atenei. E sebbene il provvedimento, che recupera in buona parte il progetto dell’ex ministro Brunetta, sia ancora in fase di valutazione e stesura, in merito è già pronto a levarsi un coro di voci perplesse. Prime fra tutte quelle dei rettori.
“Una cosa è dare il giusto valore alle cose, un’altra eliminarlo del tutto”, spiega al Corriere Enrico Decleva, rettore della Statale di Milano, mentre per il collega Luigi Frati della Sapienza di Roma l’abolizione sarebbe di difficile applicazione in alcuni settori, come architettura e medicina, in cui il valore legale è previsto a livello europeo. Senza contare il fatto che, secondo le dichiarazioni di Frati ad Adnkronos, può rivelarsi “velleitario pensare che una laurea in medicina conseguita con 90 sia uguale a una conseguita con 110 e lode e si rischia di dare un messaggio sbagliato ai nostri studenti”.
Un altro tasto dolente è quello toccato da Salvatore Settis, già direttore della Normale di Pisa, secondo il quale il rischio è quello di “concentrare le risorse sulle università migliori emarginando tutte la altre”. Preoccupazione condivisa da sindacati e associazioni di base, come il coordinamento universitario Link, che boccia con chiarezza un provvedimento che “non aprirebbe la strada ad una maggiore qualità dei processi formativi, ma anzi aumenterebbe la competizione tra gli atenei, creando atenei di serie A, dove studiare costerebbe moltissimo e atenei di serie B con costi molto più limitati”.
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E’ una riforma ignobile che segna un ulteriore passo indietro in quella che dovrebbe essere democrazia e che invece mi sembra una nobiltà di borsa in cui chi ha un cervello vuoto, ma tasche pesanti, conta più di chi ne ha uno pieno, ma non dispone degli stessi mezzi; spesso meschini. Non credo che gli studenti italiani possano acconsentire e sottomettersi passivamente ad una decisione tanto catastrofica per l’Italia. La democratizzazione della cultura, l’uguaglianza dei diritti, gli alti valori di una Repubblica sana vengono dimenticati in virtù di una bassa casta di politici che non fa altro che scaldare poltrone comprate con quelle tasche pesanti e di certo non meritate per doti intellettuali o integrità di valori. Morale ed etica sono per le loro “Eccellenze” parole sconosciute.
assurdo. si allargano le caste agli studenti.avete presente quello che accade negli usa. ci ridurremo come loro. chi ha soldi andrà avanti gli altri metteranno i sogni nel cassetto.
è vergognoso, e fino adesso non ho sentito nessun studente che sta organizzando scioperi e manifestazioni… ancora più vergognoso.
Ho una laurea in economia e sono molto entusiasta di una proposta che aspira alla centralita’ della persona e del talento che e’ in grado di esprimere nel luogo e nel momento in cui e’ invitata a dimostrarlo. Non conta il titolo o la categoria di appartenenza, ma il risultato che si e’ in grado di realizzare. La scelta degli strumenti piu’ efficaci per conseguire il risultato e’ invece lasciata alla libera discrezione dell’individuo e chissa’….potrebbero anche nascere figure professionali innovative di cui la nostra Pubblica Amministrazione ha fortemente bisogno!!!
Credo sia una VERGOGNA!!!!!!