Niente più cadaveri su cui esercitarsi per gli studenti di chirurgia delle università italiane. Oggi infatti la legge di donazione del corpo è molto più restrittiva e gli istituti di ricerca faticano a procurarsi i cadaveri che vengono di norma utilizzati per le esercitazioni dagli studenti specializzandi in chirurgia.
Se prima infatti era prassi comune procurarsi cadaveri, per esempio dalle camere mortuarie a scopo di studio, oggi è diventato molto difficile se non impossibile. Ma ecco che a prendere il posto del corpo umano è la tecnologia, con macchinari in grado di simulare gli interventi chirurgici, assegnando anche un punteggio allo studente in base agli errori compiuti durante l’esercitazione.
A segnalare il fenomeno della progressiva entrata in uso dei macchinari al posto dei cadaveri nelle università è il professore Adriano Redler, direttore del dipartimento di Scienze Chirurgiche del policlinico Umberto I e ordinario di chirurgia all’Università La Sapienza di Roma. Lo stesso Redler ha infatti sottolineato come l’uso dei cadaveri sia sempre stato un metodo efficace per accostarsi al corpo umano e per abituarsi alle tecniche operatorie.
Con il passare degli anni però le cose sono cambiate, e non solo in Giappone, dove tre università hanno messo a disposizione pazienti robot per gli aspiranti dentisti. Ora anche in Italia gli specializzandi in chirurgia non operano più su corpi umani, ma con macchine molto sofisticate, in grado di riprodurre con precisione le tecniche chirurgiche più avanzate.
Anche le tecniche chirurgiche – come quella laparoscopica e robotica – si sono evolute e la tecnologia è più che mai usata. Per esempio non si opera più davanti al paziente, ma davanti a un monitor, e si utilizzano diversi strumenti di precisione anche microscopici e telecamere interne.
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