parlamento ddl riforma università
C’è clima di collaborazione, in Parlamento, sull’analisi del
ddl di riforma dell’università che si trova all’esame in Commissione Istruzione al Senato da dicembre. Dal confronto conclusivo sul provvedimento proposto dal
ministro Gelmini, è emersa la necessità di affievolire quello che è stato riconosciuto come un eccesso di “centralismo e burocrazia”.
Questo nodo è critico, hanno spiegato, perché rischia di vincolare a “lacci e lacciuoli” l’autonomia degli atenei, la loro responsabilità, e di conseguenza le politiche volte a puntare sulla ricerca. Fermo restando che la
riforma del sistema universitario è tanto
necessaria quanto urgente, insomma, su entrambi i fronti è stata mostrata una volontà a collaborare per una riforma che possa risultare utile a tutti.
“È il primo disegno di legge in cui
il Parlamento svolge un ruolo decisivo”, ha voluto sottolineare Giuseppe Valditara (Pdl), relatore sull’esame del ddl in Senato. “Il Parlamento può svolgere un ruolo decisivo per portare a casa un provvedimento che può rilanciare l’università italiana” ha spiegato.
“C’e’ ancora moltissimo da lavorare” così ha commentato
Marco Meloni (Pd), responsabile Università e Ricerca della segreteria nazionale del Partito Democratico, l’
audizione del ministro Gelmini sul ddl. Meloni ha voluto ricordare quali sono le priorità su cui l’opposizione intende far leva nei prossimi giorni: investire sui giovani studenti e ricercatori, aumentare i finanziamenti agli atenei e alla ricerca, in modo da avvicinarsi alla media dei Paesi Ocse.
Ancora lungo, insomma, il lavoro necessario al varo definitivo della riforma. Anche se, secondo quanto dichiarato dal Valditara, gli
emendamenti dovranno essere presentati entro il
12 marzo. Mentre le votazioni in commissione si svolgeranno il 30, 31 marzo e 1 aprile.
Che ricordassero anche che alla fine sono gli studenti a scegliere.
A me ad esempio piacerebbe che l’ università si allineasse ai modelli europei, con lauree di tre anni, e parte della formazione svolta direttamente sul campo.
Poche specializzazioni, più formazione di base, perchè il mondo del lavoro ormai non fai tempo a specializzarti che già è cambiato.
Quindi meglio dare le basi all’ università.
Corsi di laurea simili a quelli che ci sono nel resto d’ europa, non cose che fanno solo gli italiani.
Altrimenti non si meravigliassero se gli studenti andranno a studiare all’ estero.