meridionali meno intelligenti
Sembravano passati i tempi in cui le differenze tra le persone venivano ricondotte necessariamente al codice biologico. Ma a quanto pare non è così, o almeno non sempre. A confermarlo stavolta è il caso del noto psicologo
Richard Lynn, docente all’Università dell’Ulster, in Irlanda, che ha da poco pubblicato uno studio sulle differenze di
quoziente intellettivo tra Nord e Sud Italia.
Secondo lo studio pubblicato da Lynn sulla rivista “Intelligence”, l’intelligenza sarebbe una
questione di razza. In Italia, dice Lynn, i
meridionali sono
meno intelligenti degli abitanti delle regioni del Nord perché ci sono state mescolanze con le popolazioni africane e del medio oriente, e questo incide sulle differenze di reddito, educazione, mortalità infantile, statura e alfabetizzazione.
La ricerca ha provocato una vera e propria
rivolta della comunità scientifica italiana. Tanto che l’Associazione Italiana di Psicologia ha voluto rendere pubblico il parere degli psicologi che lavorano e insegnano nelle università e nei centri di ricerca italiani.
Il
presidente dell’AIP, Roberto Cubelli, ha infatti pubblicato un comunicato a nome dei suoi colleghi in cui si critica apertamente la ricerca di Lynn per “gravi
limiti teorici e metodologici” oltre che per una mancanza di
etica e deontologia professionale.
“È
deontologicamente sbagliato interpretare i risultati di un’analisi di fenomeni complessi, quali quelli relativi al rendimento scolastico nelle diverse aree geografiche, facendo riferimento a modelli teorici che si sono già rivelati falsi e ingiustificati, e che possono legittimare comportamenti individuali e scelte politiche di impronta razzista e di
discriminazione sociale” spiegano infatti gli psicologi italiani, che sottolineano anche come “non si possano ignorare i fattori storici, politici, sociali ed economici e attribuire ogni effetto causale a presunte differenze biologiche e genetiche”.
La
ricerca – intitolata “
In Italy, north-south differences in IQ predict differences in income, education, infant mortality, stature and literacy” – non è la prima di Lynn a ricevere accuse di “
razzismo” o “discriminazione”. Già in passato, lo studioso affermò in una ricerca che le donne sono meno intelligenti degli uomini perché hanno il cranio più piccolo, e in un’altra che la pelle più chiara corrisponde a una maggiore capacità mentale.
Esiste dunque una
scienza buona e una cattiva? In questi casi viene da pensarlo, soprattutto nel momento in cui l’interpretazione di dati scientifici può essere strumentalizzata per orientare l’
opinione pubblica. Tra scienza e politica, ricerca e società, insomma, non c’è un confine così netto come molti vorrebbero credere.