In occasione dell’8 Marzo, AlmaLaurea ha pubblicato un focus sulla situazione occupazionale delle donne in Italia. I cui dati sono tutt’altro che confortanti, perché raccontano di un gap rispetto agli uomini che stenta a colmarsi, nonostante le migliori performance femminili negli studi. Le donne non guadagnano solo di meno, ma hanno anche un più elevato tasso di disoccupazione e sono più spesso assunte solo a tempo determinato. Le cose, poi, si fanno ancora più difficili per le madri. E il divario tra maschi e femmine esiste anche in quei settori professionali che offrono maggiori chance lavorative.
Donne più brave a scuola
Le ragazze si dimostrano più preparate dei ragazzi già alle scuole medie inferiori. I dati dell’ultimo rapporto Almadiploma sul profilo dei diplomati dicono che le studentesse concludono il ciclo di studi con una votazione di almeno 9 su 10 nel 35 per cento dei casi, contro il 26 per cento dei loro compagni. E alle superiori le ragazze brillano ancora di più.
Solo il 9 per cento di loro viene bocciato una o più volte, mentre tra i ragazzi la percentuale di coloro che sono stati respinti sale al 15 per cento. Per le donne, inoltre, il voto medio di diploma è di 78,6 su 100. Tra gli uomini si scende a 75,1. Questo perché le ragazze mediamente dedicano più tempo allo studio: il 38 per cento di loro dichiara di impegnare almeno 15 ore a settimana per i compiti. Solo il 16 per cento dei loro compagni fa altrettanto.
La scuola premia il maggior impegno delle donne con voti più elevati e con esperienze internazionali. Il 39 per cento delle studentesse partecipa a progetti di mobilità studentesca organizzati dagli istituti scolastici, mentre i ragazzi che fanno altrettanto sono il 26 per cento. Del resto le donne sono più preparate anche sul piano linguistico: il 38 per cento di loro consegue una certificazione di lingua straniera durante il percorso di studi, contro il 28 per cento degli uomini.
Le ragazze sono più brillanti anche all’università
Il 77 per cento delle diplomate prosegue gli studi, mentre tra i ragazzi la percentuale scende al 63. E anche all’università i risultati delle donne continuano a essere migliori sia per quanto riguarda la regolarità negli studi sia sul piano dei voti. I dati del rapporto AlmaLaurea sul profilo dei laureati 2017 segnalano che la quota di donne che si laureano in corso è del 51 per cento contro il 46 per cento degli uomini e che il voto medio di laurea delle dottoresse è di 103,4 su 110, mentre quello dei dottori è di 101,3. Su questo dato, tuttavia, influisce anche il tipo di percorso di studi scelto.
Le universitarie svolgono più frequentemente stage e tirocini riconosciuto dal proprio corso di laurea rispetto agli uomini (60 per cento contro 51). Rispetto ai colleghi maschi, inoltre, le donne provengono più spesso da contesti familiari meno favoriti tanto dal punto di vista culturale che da quello socio-economico. Solo il 27 per cento delle studentesse ha almeno un genitore laureato, a fronte del 33 per cento dei maschi. E solo 21 ragazze su 100 provengono da famiglie di estrazione economica elevata, contro il 24 per cento dei ragazzi.
Il mercato del lavoro premia gli uomini
Le cose per le donne cambiano radicalmente quanto entrano nel mondo del lavoro. In questo ambito, infatti, risultano ancora penalizzate rispetto agli uomini. I dati del rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati 2017 mostrano che tra i laureati magistrali biennali, a cinque anni dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione femminile è dell’81 per cento, mentre quello maschile è dell’89. E solo 52 donne su 100 hanno un contratto a tempo indeterminato, a fronte del 61 per cento degli uomini.
Su questo dato, tuttavia, pesano anche le scelte occupazionali delle donne, che più spesso rispetto agli uomini si inseriscono nel pubblico impiego o nell’insegnamento. Settori nei quali la stabilizzazione contrattuale mediamente avviene in tempi sensibilmente più lunghi.
Forti differenze di genere si registrano soprattutto dal punto di vista retributivo. A cinque anni dalla laurea magistrale biennale, gli uomini guadagnano mediamente il 19 per cento in più delle donne: 1.637 euro mensili contro 1.375. Questo, ovviamente, dipende anche dai diversi percorsi professionali intrapresi. Tuttavia, anche a parità di condizioni, lo stipendio maschile risulta comunque più alto di 159 euro netti al mese rispetto a quello femminile. Inoltre, a cinque anni dalla laurea solo il 47 per cento delle donne svolge un lavoro a elevata specializzazione, contro il 56 per cento degli uomini.
Le più penalizzate sono le laureate con figli
La situazione diventa ancora peggiore per le donne laureate che hanno figli. Il divario occupazionale sale al 29 per cento tra i padri e le madri. I primi sono occupati al 90 per cento, le seconde solo nel 61 per cento dei casi. Le laureate con figli sono penalizzate anche rispetto a quelle senza figli: tra queste ultime, infatti, il tasso di occupazione è dell’80 per cento. Infine, tra i laureati con prole c’è un maggior gap di genere a livello retributivo: i padri guadagnano mediamente 1.697 euro al mese, mentre le madri si fermano a 1.335.
Il divario uomo-donna è comune a tutti i gruppi disciplinari, anche a quelli che hanno un maggior riscontro nel mercato del lavoro. Le donne, infatti, hanno più difficoltà anche nei settori delle Professioni sanitarie, dell’Ingegneria, in ambito economico-statistico e in quello scientifico.