La protesta dei docenti universitari è motivata da ragioni validissime. Ma il blocco degli esami rischia di mettere in difficoltà soprattutto coloro che sono l’anello più debole della catena: gli studenti. In sintesi, questo è ciò che l’associazione studentesca LINK – Coordinamento Universitario pensa dello sciopero degli appelli che i professori hanno annunciato per la sessione estiva 2018. Per scongiurarne la messa in atto, l’associazione ha lanciato una petizione in Rete, che in appena tre giorni ha già raccolto quasi 15mila firme.
Le motivazioni del blocco degli esami
La nuova mobilitazione è stata proclamata dal Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria lo scorso 16 febbraio. Quasi 7mila professori e ricercatori hanno firmato una lettera, poi consegnata al ministro Valeria Fedeli, nella quale chiedono lo sblocco degli scatti stipendiali per tutti i docenti, nuove assunzioni e progressioni di carriera, oltre allo stanziamento di 80 milioni di euro per il diritto allo studio e l’innalzamento della soglia di redditi per accedere alle borse.
Per dare maggior peso alle proprie rivendicazioni, il movimento ha indetto un blocco degli esami per la sessione estiva 2018. I docenti che aderiranno alla protesta faranno saltare il primo degli appelli che dovrebbero tenersi nel periodo compreso tra il 1° giugno e il 31 luglio prossimi.
LINK: “Sciopero legittimo, ma ricade sulla pelle degli studenti”
Pur comprendendo e condividendo le motivazioni della protesta, LINK contesta la modalità scelta da docenti e ricercatori. Infatti, come si legge nel testo che accompagna la petizione lanciata su Change.org, il blocco degli esami “va a ricadere sulla pelle degli studenti”. Per i quali, si legge ancora, “la sessione estiva è sempre stata fondamentale per rientrare nei tempi imposti dalle università e dal sistema del diritto allo studio”. Questo perché “durante gli appelli di giugno e luglio si recuperano gli ultimi crediti per ricevere la borsa di studio per l’anno successivo e per beneficiare della riduzione delle tasse in relazione al proprio reddito”. Il rischio, quindi, è che mentre si chiede l’ampliamento del diritto allo studio, con il blocco degli esami si condannino moltissimi studenti e studentesse a non poter “accedere alle borse e alla modulazione della tassazione studentesca”.
Pur difendendo il diritto allo sciopero, la petizione mira a evitare che si arrivi a un’ulteriore frammentazione della comunità accademica “già pesantemente attaccata e divisa dalle politiche degli ultimi governi”. Il blocco degli esami e il mancato confronto con tutte le parti in causa, invece, vanno proprio in tale direzione. Pertanto, gli studenti non possono sostenere la mobilitazione.
“Cambiare l’università e le condizioni in cui essa si vive è quanto mai necessario,” prosegue il testo, ma occorre farlo come comunità. La petizione contro il blocco degli esami nasce esattamente da tale necessità, “per richiedere che nessuno prenda scelte che aggravano ulteriormente le condizioni degli studenti e delle studentesse e per impegnarci a cambiare l’università a partire dalle condizioni di tutti coloro che ne fanno parte”.