Sono arrivati a sette i suicidi tra gli studenti alla Bristol University negli ultimi sedici mesi. L’ateneo, uno dei più prestigiosi del Regno Unito, ultimamente fa notizia per l’elevato numero di iscritti che hanno deciso di togliersi la vita. Per arginare il fenomeno, i vertici dell’università hanno deciso di potenziare i servizi di assistenza agli studenti e di assumere un team di psicologi. A spingere i giovani a compiere il gesto estremo, infatti, potrebbe contribuire anche la pressione psicologica derivante dalla iper-competitività del sistema accademico britannico.
Il primo suicidio nell’ottobre 2016, il più recente il 22 gennaio
L’ultimo in ordine di tempo degli studenti suicidi della Bristol University si chiamava Justin Cheng ed era originario di Toronto. Il giovane, studente di Legge all’ultimo anno, si è tolto la vita il 22 gennaio scorso. La famiglia, nel dare la notizia, ha dichiarato che soffriva di una grave forma di depressione. Prima di lui aveva deciso di farla finita anche Miranda Williams, 19enne studentessa di Filosofia, morta per un’overdose di farmaci nell’ottobre del 2016. A distanza di pochi giorni anche Daniel Green, studente di Storia al primo anno, si è impiccato.
Il terzo di questa catena di suicidi è stato Kim Long, 18enne che studiava Legge, morto asfissiato nella propria residenza poche settimane più tardi. Anche nel caso di Laura Nosiru, 23enne all’ultimo anno di Neuroscienze, il cui cadavere è stato trovato a fine gennaio 2017, l’autopsia ha stabilito che si sia trattato di suicidio. Era, invece, al terzo anno di Lingue Elsa Scaburri, 23enne impiccatasi vicino casa lo scorso marzo. In ottobre si è impiccato anche James Thompson, 20 anni, che era al secondo anno di Matematica.
Un team di 28 psicologi per prevenire i suicidi
La macabra reputazione che si sta costruendo attorno all’ateneo non fa piacere ai vertici della Bristol University. Per questo motivo si è deciso di investire in una serie di servizi a sostegno degli studenti. Un milione di sterline è stato speso per assumere consiglieri per il benessere ed è stato assoldato anche un team di 28 psicologi. Per il momento, tuttavia, non sembra che le contromisure adottate siano state particolarmente efficaci, visto che non sono riuscite a porre fine alla catena di suicidi.
La Bristol University non è l’unico ateneo britannico a essere stato costretto a potenziare i servizi di assistenza psicologica. Nel Regno Unito, infatti, negli ultimi cinque anni c’è stato un aumento del 50 per cento delle richieste di sostegno da parte degli studenti. Il motivo è da ricercare nell’alta competitività del sistema accademico britannico e nell’aumento delle tasse universitarie, arrivate a 9.250 sterline (oltre 10mila euro) annue. Gli studenti si vedono costretti a eccellere per poter trovare, una volta laureati, un lavoro ben remunerato che consenta loro di ripagare i debiti contratti per finanziare i propri studi. L’enorme pressione che ciò genera può rivelarsi insostenibile per i giovani psicologicamente più fragili e condurli ad atti estremi e irreversibili.